BASKET CITY AL MARE
Gigi Terrieri lo aveva tranquillizzato prima della palla a due,
garantendogli che la Unipol Arena era pronta a resistere a qualsiasi
scossa tellurica. Ma, appena visto il pallone scagliato da Vanuzzo
infilarsi in mezzo al canestro, si era sentito risucchiato da un anomalo
vortice, e per un attimo perse la cognizione di dove era, e di dove
stava andando. Poi, riaperti gli occhi, si scoprì in spiaggia. Un parto
prematuro, pensò, tanto che il bagnino Waimer nemmeno aveva ancora
preparato i lettini, con il risultato di una violenta culata sulla
sabbia, ancora bagnata dalle recenti piogge e grandinate. Adì -
gli disse Waimer - o forse dovrei dire ajò, visto quello che è
successo. Ma ti rendi conto che non sono ancora pronto? Gli ombrelloni
sono tutti da lavare, i lettini in fila indiana dietro al bar, i
fornitori mi devono ancora portare gli spritz, e tu sei già qua?
Bavvy era perplesso quanto lui. Solo pochi attimi prima, stava guardando
la sua Virtus che aveva una manciata di punti di vantaggio contro una
indomita Sassari, poi... Poi Sanikidze sbagliò un rigore, CDR stoppò un
sassarese (non esattamente basso e con i baffi) e la partita sembrava
finita. Sembrava, appunto: 53" erano bastati per il canestro della
vittoria ospite, che aveva portato a due miracoli. La Sardegna in
semifinale, roba mai vista prima nell'italbasket, e almeno due minuti
di riconciliazione di tutte le filosofie tifaiole fortitudine: patatari,
fossaioli e divanisti tutti insieme, per un attimo, a gioire della
vanuzzata, prima di tornare a scannarsi come solito. Bavvy non se ne
rendeva conto, e così gli faceva ancor più male: non aveva prenotato - a
differenza di Sabatini, tanto che lui pensò se proprio devo andare al
mare, avrei preferito Stintino - e la valigia non era pronta.
Sperava in un seguito, sperava in un mercoledì da leoni e in un venerdì
di riscossa. Sperava fosse la volta buona, così invece avrebbe dovuto
aspettare un altro anno prima di provare a vincere un turno playoff.
Roba che non capitava dal 2007, quando Markovski si limitava a
disquisire di porno e non a stracciar striscioni, quando Lang sembrava
un giocatore (benchè azzoppato nel rush finale) e quando Basket City era
ancora tale. Poi, più niente: si era salvato a Scafati, si era fatto
eliminare da Treviso, Cantù, Siena, e ora da Meo Sacchetti.
In una serie maledetta, che aveva visto la sua Virtus prendere due cesti
da due rimesse a tempo quasi scaduto: in un mondo normale, la sirena
avrebbe urlato prima di qualsiasi tiro, ma Sassari era stata più rapida,
più precisa, più fortunata. Ma non solo: aveva costretto Bologna a
trasfigurarsi tecnicamente (trenta tiri da tre tentati in gara tre con
percentuale trentatre) e farsi mettere sotto a rimbalzo, 41-50
all'ultima. Evidentemente, era stata più brava nel trovar mosse e
contromosse, e se alla fine si fa 3-0, o 0-3, un qualche merito lo aveva.
Era stata una stagione strana, e ancora gli faceva strano parlarne al
passato: iniziata sognando di McIntyre che volava e, stavolta, i
canestri da 3 li infilava dalla parte giusta del campo. Non si era
preoccupato tanto, quando Homan aveva scambiato Finelli per uno di quei
manzi appesi al soffitto che Rocky utilizzava per allenarsi in
previsione di Apollo Creed: c'era Sanikidze che sembrava un marziano,
Poeta che correva trascinandosi dietro tutta la curva dei Forever, Gigli
tornato ad essere un giocatore dopo la cloroformizzazione capitolina, e
si erano dimenticati delle questioni legate a Kobe Bryant e affini.
Certo, CDR ne faceva bene una sì e una no, ma vuoi mettere quando sarà a
regime, pensava. E anche Finelli, quel Finelli che fino a pochi mesi
prima non sembrava esattamente fornito di cuore a forma di V nera, lo
aveva convinto. Si vinceva, ci si divertiva, poi qualcosa cambiò.
Cambiò che qualche acciacco limitò il duo Poeta-Sani, che non si erano
trovate alternative al gioco tra regia e area, che CDR si era dimostrato
un ottimo sgommatore per sè ma non un trascina compagni, e che la
panchina... La panchina, ecco, il suo cruccio. Con quel Vitali che
tirava peggio di Gugliotta (finito a far ventelli in C2 nel Cassano
Magnago) e che trattava la palla come un vegetariano con in mano un
McBacon, con quel Gailius da mani nei capelli e Lang ormai diventato
direttamente Nonna Papera, altro che Ciccio. Ma il quintetto andava,
eccome se andava, e con gli exploit finali era tornato a sognare,
finalmente, di superare un turno. Niente: Benito Urgu aveva battuto
Andrea Mingardi, e ora a lui toccava ascoltare Ciapa la galeina.
Per lui sarebbe stata una estate impegnativa, come solito: Sabatini
garantiva addio e budget limitato, per ora sapeva che Koponen e
Sanikidze li avrebbe visti solamente su eurobasket.com, e come si soleva
dire del doman non v'è certezza. Guardava quello che un tempo
era l'ombrellone biancoblu, ora diventato un cumulo di macerie, e
pensava che tutto sommato gli poteva andare peggio. Gli bastava?
Intanto, si preparava alla tintarella: Waimer prima o poi avrebbe tirato
fuori l'armamentario spiaggiaiolo, sarebbe apparsa un po' di gnocca, e
tutto sarebbe stato dimenticato. Ma essere in boxer da mare così presto,
ecco, gli rodeva un po'.