Daniele Fornaciari, presidente della Fondazione Virtus, è stato intervistato da Daniele Labanti sul Corriere di Bologna. Un estratto delle sue parole

La prima volta? Non si scorda mai. Era il 10 ottobre 1954 e giocavamo contro la Stella Azzurra Roma. Vincemmo largamente. 

Lei da adulto è diventato il "terrore" degli arbitri, da quella prima fila ha sempre qualcosa da dire... "Ma non ho mai offeso né mancato di rispetto a nessuno. Al massimo ho fatto il gesto di sventolare qualche foglio di banca... Quando una quindicina d'anni fa gli arbitri fecero un libro, Confesso che ho sbagliato, pubblicato da Pendragon, mi invitarono a scrivere un pensiero e fui l'unico non arbitro a comparire nel volume". 
Ma com'è nato questo rapporto con i fischietti? "Io erogo dei mini stage in presa diretta, li aiuto a non sbagliare (ride). Negli anni Ottanta, un giorno l'arbitro napoletano Pallonetto a fine gara venne a parlarmi: "Ma lei che ha sempre qualcosa da puntualizzare chi si crede di essere, 'o professore?". Da allora molti arbitri prima della partita passano a salutarmi con simpatica deferenza dicendomi "professore, buonasera".
 

Passiamo all'altro suo simbolo: la cravatta gialla. "Ci tengo a dire che ho iniziato a indossarla prima di Adriano Galliani. Anzi, un giorno lui venne a vedere la Virtus e non l'aveva, per fortuna. Gli dissi scherzando che alle nostre partite la metto solo io". Quando esordì questa tradizione? "Credo a Barcellona, alle Final Four di Eurolega del 1998. E visto come andò a finire...". 

Ha mai fatto una notte insonne per la Virtus? "Sì ma non per una partita. Accadde quando, in un momento di crisi, da presidente della Fondazione e ad del club bisognava far tornare i conti. Guardi, io dormo come un bambino, anche l'azienda, nei momenti difficili che ci possono essere stati, non mi ha mai tolto il sonno. Ma avere certe responsabilità per la Virtus, ecco quello non mi faceva chiudere occhio. Di quel periodo voglio ricordare un grande dirigente Coop come Adriano Turrini, che fece sì che la Virtus non sparisse". 
Ora le cose vanno decisamente meglio. "Ho conosciuto tanti presidenti, di Zanetti, Baraldi e Ronci posso solo parlare bene. Hanno riportato subito la società in serie A e hanno vinto 8 trofei, anche europei, in 8 anni". Il futuro? Zanetti in questi anni ha messo 70 milioni di tasca sua nella Virtus. Sappiamo che ha imboccato una fase di uscita, non sappiamo quando accadrà ma sappiamo che, accanto a lui, c'è un socio - Gherardi - che in questi anni ho potuto apprezzare molto. Ha lo stile Virtus, non va sopra le righe, è cordiale e - lo ha dimostrato da imprenditore - è legato a concetti fondamentali nella vita di un uomo come il terreno e l'accoglienza. Come Zanetti, sono certo che non lascerà mai la società nei guai". 

I tifosi sembrano un po' confusi da questo momento di passaggio? "Gherardi, per la sua natura di persona riservata, è faticoso da comprendere da fuori. È difficile capire cosa pensa del futuro della Virtus. Per intenderci non ha mai detto esplicitamente "prenderò le redini quando Zanetti lascerà". Il mio auspicio è che Zanetti possa rimanere da padre nobile, mentre Gherardi assumerà il controllo magari affiancato da quei tre-quattro imprenditori bolognesi che sono vicini alla Virtus".

Che ne pensa della guerra fra il pubblico e Messina, diventato nemico? "Una cretinata dei tifosi. Le cose recentemente si sono calmate. Ettore ho continuato a sentirlo, il clima era diventato assurdamente invivibile: lui ha contribuito a scrivere la storia della Virtus".
 

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