Nona puntata della rubrica “Dual & Post Career”.

Il protagonista è Claudio Coldebella, classe 1968, ex giocatore, allenatore e oggi Sport Director della squadra russa dell’Unics Kazan.

Atleta con esperienze all’estero in Grecia e Stati Uniti d’America, da giocatore di club, ha vinto 1 Coppa delle Coppe (1990), 3 Scudetti consecutivi (1993, 1994, 1995), 1 Coppa Italia (1990), 1 Supercoppa Italiana (1995) con la Virtus Bologna e una Coppa di Grecia (1999) con il Paok Salonicco. Inoltre, nel 1991 ha vinto la lega estiva WBL (World Basketball League) con la squadra statunitense dei Dayton Wings.

Da Azzurro, con la Nazionale Italiana ha vinto la Medaglia d’Oro ai Giochi del Mediterraneo 1993, la Medaglia d’Argento agli Europei 1997 e la Medaglia d’Argento ai Goodwill games 1994.

Da dirigente, prima dell’attuale esperienza in Russia è stato General Manager a Caserta e Treviso, Direttore Generale della LNP (Lega Nazionale Pallacanestro) e del Varese.

È Vicepresidente di ASSI MANAGER – Associazione Sport System Italia.

Questa è la nostra intervista.

Nel suo ricchissimo palmares, esiste una vittoria alla quale è più legato?
«La finale di Coppa delle Coppe del 1990, a Firenze contro il Real Madrid».

Guidare una squadra: il suo ruolo da giocatore e poi da manager. Quali sono le “buone pratiche” comuni fra campo e ufficio?
«Ci sono tante cose in comune che in qualche modo uniscono i due ruoli, nel mio caso prima da giocatore e poi da manager. La passione per il proprio lavoro, la competenza grazie al lavoro costante e quotidiano, la voglia di migliorare e di non sentirsi mai arrivati».

Quando era giocatore, pensava al suo post carriera?
«Sì, dai 20 anni in poi. Preparandomi con corsi e soprattutto aprendo gli occhi su quello che avevo attorno. E poi chiedendo consigli, per capire».

Quanto le sono servite le sue esperienze all’estero da giocatore, per aprire i suoi orizzonti e acquisire ulteriori competenze da utilizzare nella vita e nel lavoro?
«Molto. Ho cercato sempre di allargare la mia “scatola”, che poi è il mondo in cui lavoro. Guardarci al di fuori. Tutte esperienze che mi hanno arricchito e formato».

Quali sono le qualità che un manager deve assolutamente avere, nell’epoca dei social media e della globalizzazione?
«Sapere quello che vuoi fare, la direzione da prendere. Avere una strategia. Studiarla e condividerla con il resto del Team».

Il suo consiglio ai giocatori in attività, in chiave post carriera?
«Lavorare su se stessi, sapere che il tesoro di esperienza acquisita durante la propria carriera rischia di non essere sufficiente per un buon post carriera, se non viene supportato da una preparazione didattica e formativa. Preparazione che oggi è alla base di ogni professione. Dare tutto quello che si ha negli anni in cui si gioca e poi farsi trovare pronti al passo successivo».

Un suo pensiero sul ruolo della GIBA?
«Ho imparato ad apprezzare la GIBA, con il tempo, guardando anche agli altri paesi e alle altre leghe. Anche di sport diversi. Le differenze che ci ho trovato mi hanno fatto capire che in Italia siamo fortunati ad avere una associazione che ha a cuore i propri associati. Il lavoro che Il Presidente Marzoli sta facendo è eccellente. Ha messo al centro del progetto l’attore più importante: il Giocatore».

Come ha passato il lockdown dovuto alla pandemia di Coronavirus Covid-19?
«Chiuso in appartamento a Kazan, dove il lockdown è iniziato più tardi che in Italia. Ma anche lì non è stato facile. Ho dedicato molto tempo al mio lavoro, cercando di mantenere coinvolto il mio team da remoto. Mi sono preso un po’ di tempo anche per me, cercando di pensare e progettare il futuro».

Quali ritiene che siano i passi le cose da fare per riavviare il basket giocato al meglio possibile, dopo la pandemia?
«Qui bisognerebbe parlare a lungo, ma mi limiterò, dicendo che è proprio in questi momenti difficili e di crisi che bisogna riprogrammare, per poter ripartire con più sicurezze e con più unità di intenti».

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