MI RITORNI IN MENTE, SETTIMA PUNTATA
Quando ci fu la promozione in A2, forse se ne accorsero in pochi, dato che quella vittoria a Rieti arrivò poche ore dopo il primo scudetto Fortitudo, quindi con le luci della ribalta, inevitabilmente, rivolte altrove. Però il Progresso Castelmaggiore di Flavio Tudini, e di Demis Cavina in panca, ottenne un risultato di fatto imprevisto, anche per una provincia florida come quella di Bologna che, però, aveva piazze storiche altrove (San Lazzaro e Ozzano in primis). E ci fu subito ostracismo ad alti livelli, dato che per motivi misteriosi si disse che la squadra non avrebbe potuto giocare in provincia (eppure 3 squadre le aveva avute anche Milano), e nella stagione successiva, per un po', Tudini fu costretto ad un esodo tra Faenza e Modena, mentre la squadra non vinceva mai. D'altra parte non gli era nemmeno richiesto, perchè la ristrutturazione dei campionato aveva bloccato le retrocessioni, quindi spendere non era poi la cosa più urgente. Ma, ottenuto l'ok per mettere piede al Paladozza, arrivò qualche rinforzo (l'esterno Mandic e Donzell Rush) e si vinse qualche partita, così da non chiudere proprio a secco e, insomma, di accendere un minimo di interesse.
La stagione successiva, e siamo nel 2001-02, iniziò con altre valanghe di sconfitte, e l'ovvio salto del coach, Gianni Malavasi. Dall'Adriatico arrivò Giampiero Ticchi, che in breve capì che le regole della categoria (stranieri a iosa) erano tali per cui si doveva dimenticare l'idea di far spazio ai giovani - c'erano Sottana, Ghiacci e Fultz a roster - e mandare in campo solo i cinque mori. Il regista Dan Cross, capace di far poche cose ma che dopo un inizio imbarazzante iniziò a pompare e anche bene. La guardia Gerrod Abram, completamente pazzo e quindi croce e delizia della piazza. L'ala Abdul Pittman, ottimo collante tra reparti. Il finto lungo Herman Smith, capace di segnare canestri impossibili. E il confermato Donzell Rush, poco talento ma funzionale alla causa. Arrivarono le vittorie che sollevarono la squadra dagli ultimi posti, e si iniziò a parlare anche di quello che stava attorno, al Progresso. Le stramaledette trombette, che venivano distribuite all'ingresso per rendere più caotico il non tanto pubblico presente, per dire, e con multe che sommate avrebbero permesso alla proprietà di comprare Ginobili, casomai. O i buffet che venivano allestiti quando per motivi televisivi le partite erano messe in programma al mezzodì. Il Progresso faceva impazzire: in casa poteva finire sotto di 10, 20 o 30 punti, ma quando ai mori scattava l'ormone arrivavano rimonte da cineteca, e mai gli astanti tornavano a casa delusi. A questo, era da aggiungere il patron, Flavio Tudini, che si metteva al microfono, faceva da speaker, festeggiando vittorie con ancora minuti da giocare, o a volte mettendosi in sciopero e zittendosi se la squadra - con gli americani capitava - quel giorno decideva di non volerne sapere. E, a fine stagione, la serata conclusiva era sempre un galà da svolgersi all'Accademia dei Notturni, con ospiti di grido (intravisti anche Franco Lauro e Brigitte Nielsen), ricchi premi e cotillons.
Il divertente erano anche i tanti soggetti che venivano portati in prova, o che dopo qualche partita venivano scaricati: il lungo Perincic, al cui confronto fisico Fucka sembrava Shaquille O'Neal. L'impresentabile Lorenzo Pearson, o quel Nedzad Gusic che poi in Italia ha sì fatto carriera, ma giocando in C2. O Dan Clemente, che leggenda vuole abbia smesso di giocare per andare a far le fotocopie (!) nello studio legale del babbo, negli States. O HL Coleman, americano di scorta, che si metteva in mostra solo per una capigliatura che ricordava quella della cantante Taffy. O tal Carmen Maciariello, che nessuno vide e che, dal nome, faceva dubitare se fosse un acquisto per il basket maschile. Insomma, ce n'era per tutti.
L'anno dopo, le cose ugualmente non partirono bene, con Ticchi ovviamente confermatissimo e squadra che iniziò in attesa di sapere se Abram avrebbe rifirmato. Piano piano, però, ci si iniziò a divertire davvero, anche perchè alcuni giocatori erano davvero di qualità, come Damon Williams, quasi una guardia messa in ala forte, o l'educato Mats Levin in regia a sedare le mattane di Abram. Il tiro dell'oriundo Leandro Masieri, che una sola cosa sapeva fare, ma che la faceva bene, o l'esperienza degli italiani Pilutti e Damiano Faggiano a far da contorno, mettendo poi in area il solito Rush e l'indimenticato Paolo Barlera oltre all'altro confermato, Andrea Ghiacci. Si partì male (l'unica vittoria arrivò in uno scrimmage a porte non del tutto chiuse contro la Virtus di Tanjevic), ma poi il triangolo di Ticchi ebbe la meglio, e si iniziò a parlare di playoff, mentre il pubblico aumentava e la tribuna stampa, solitamente composta quando di Virtus e Fortitudo si trattava, diventava una autentica bolgia di invasati. E ai playoff, affrontati con infortuni di tutti i tipi, ci fu di che ridere, con l'ambiziosa Scafati a festeggiare il presunto facile accoppiamento, e a farsi poi asfaltare dal Progresso.
Felici e contenti, e con un Tudini ormai inarrestabile, tra ballerine brasiliane (con più cellulite che altro, ma vabbè) e trombette, nell'estate 2003 si fece la squadra chiudendo le orecchie davanti alle voci di Sabatini eccetera. Faremo robe mai viste in Italia, pontificava il presidente, mentre il GM Santucci e Ticchi firmavano Vonteego Cummings e allestivano la squadra. Le cose, poi, sappiamo tutti come sono andate. Ma Castelmaggiore non sparì del tutto dal mondo del basket.
Buona parte degli introiti per la cessione del diritto alla Virtus vennero investiti per quella che era la seconda squadra di Tudini, ovvero quel Gandino che giocava nelle minors, e che puntava a rifar la strada del Progresso. In modi molto semplici: far squadre che fossero al di là della categoria, spendendo soldi che le concorrenti non avevano, e magari metterla sull'arroganza quando c'era bisogno: bastoneremo gli avversari ma con educazione, il motto. Dalla C2 alla C1, dalla C1 alla B2, ma qui le cose si bloccarono: non del tutto adeguato l'allenatore Rod Griffin, bravo a gestire in allenamento un gruppo avanti con gli anni ma poco pronto in partita, e stavolta le cene di fine stagione avevano sì i soliti premi eccetera, ma senza la promozione alla B1. C'erano anche figure un po' meste, come la festa di Natale - con panettone per tutti - che ci sarebbe dovuta essere dopo una gara casalinga con Castel San Pietro: sconfitta, e il panettone volò come oggetto contundente. O le trombe navali portate in trasferta a Trento. Sempre in lite con il Comune di Castelmaggiore che (dagli torto) poco si fidava del progetto e che non voleva costruire un nuovo palasport, Tudini mollò baracca e burattini per rilevare i diritti di Cento e sbarcare a Modena. Un fallimento, malgrado i soliti arzigogoli fuori dal campo, sancito con un clamoroso comunicato stampa della squadra, che più o meno diceva vogliamo gli stipendi, invece ci vengono offerte serate con fanciulle di facili costumi, mettendo nero su bianco un qualcosa, i premi partita un po' anomali, di cui si era vociferato anche a Bologna. La storia poi finisce male, con la scoperta che Tudini, di mestiere promotore finanziario, era solito agire in modo non del tutto corretto, diciamo così, con i propri clienti, intascandosi denari che poi finivano nelle casse delle sue squadre e successivi ovvi guai giudiziari.
Sparito dalla circolazione quindi ma non del tutto, dato che in un locale della provincia si possono incontrare eventi di spettacolo e ristorazione da lui organizzati: si spera senza le trombette e le brasiliane con la cellulite. Ma gli anni del Progresso, al di là di come siano stati finanziati, i testimoni non se li dimenticheranno mai.