UN COMMENTO "DI PARTE" AL CAMPIONATO MATTEIPLAST
A volte, l'essere papà porta a strane conoscenze, non sempre positive: chiunque abbia avuto a che fare con una chat di genitori, sa di cosa si sta parlando. E, a volte, invece, molto positive. Magari essendo un baskettaro, e volendo provare a portare la propria erede, di 7 anni, a vedere del basket femminile. Scoprendo un mondo di cui si sapeva l'esistenza (essere un giornalaio porta anche a ciò) ma che non si era mai osservato dal vivo. E implementando la conoscenza della realtà Matteiplast. Che l'anno scorso vinse il proprio campionato ma non potè giocare la massima serie per problemi economici. Che quest'anno, con (mi dicono) squadra totalmente rinnovata e falcidiata dagli infortuni, ha comunque fatto una semifinale. Ma che, soprattutto, sta creando un proprio seguito con tante piccole cose, nell'ambito della pubblicità e del marketing, da fare invidia a sorelle (e fratelli) maggiori.
Ecco quindi, di punto in bianco, il genitore che da un lato impara a conoscere questa realtà, e dall'altro impara che la propria erede, forse per compiacere il babbo ma forse no, a questa realtà si appassiona. Al punto che, al suo esordio, sconfitta all'ultimo tiro, scoppia in un pianto irrefrenabile (e se fosse nata 20 anni prima, davanti a Zancanella, cosa avrebbe fatto?) tanto da meritarsi una sciarpa in regalo, e perfino un video delle "ragazze" (così lei le chiama) che per consolarla la invitano alla successiva partita. Oltre che iniziare a nutrire una leggera antipatia per Palermo, rea di lesa maestà e violazione del Cierrebi.
Al punto da ritornare in altre occasioni, estasiata un po' dall'ambiente, un po' dall'ospitalità, un po' - soprattutto - dalla possibilità di palleggiare in mezzo al campo, durante l'intervallo e dopo la partita.
La Matteiplast, peraltro, queste cose le incoraggia, con tanto di Open Day, qualche settimana fa, proprio per far provare l'ebbrezza della pallacanestro a bimbe che vogliono capire di cosa si tratta.
Alla fine, il genitore non sa cosa fare. Dopo l'ennesima richiesta di fammi sentire "Defend the land", l'inno della truppa: osceno per i gusti musicali del babbo, ma evidentemente adatta alla causa. Dopo essersi sentito dire che le prove Invalsi - scoglio che fa paura, ai bimbi - "le voglio fare con la maglietta della squadra, così mi fa coraggio e mi porta bene". Dopo aver smosso mari e monti, quasi interrotto la gara playoff con Faenza, per farsi dare il portachiavi con il numero di Elisabetta Tassinari, sua giocatrice preferita. Dopo averle spiegato che fare le boccacce a Simona Ballardini, avversaria rea di essere ancora fortissima dopo decenni di carriera, non è cosa bella (ma sottosotto emozionarsi, pensando a quando lui, da bambino, faceva uguale). E dopo aver fatto capire alla bimba che ok, la sconfitta ai playoff termina la stagione, ma che dopo l'estate ci sarà un altro campionato, quindi non tutto è perduto.
Solo una cosa, allora, può fare, il genitore che per caso, o per fortuna, può avere una minima visibilità giornalistica in città. Ringraziare la società Matteiplast per quanto sta facendo sia per il basket femminile che per il basket infantile. E dire loro una cosa, che forse non soddisferà chi ieri, contro Faenza, avrebbe voluto continuare l'esperienza in campionato: c'è qualcuno, anzi qualcuna, che oggi, nella sua classe, tra bimbi che le chiedono se tifa Virtus o Fortitudo, risponde tifo Matteiplast. Anche questo è un piccolo scudetto.
(Foto di Fabio Pozzati )