FORTITUDO-TRIESTE, IL DOPOPARTITA
E a volte capita che le partite, in casa, non vengano aggiustate come successo già tante, tante, tante altre volte. Quello che è il primo KO boniciolliano al Paladozza (per intenderci, non si usciva sconfitti dai tempi di Costa Volpino) è figlio di una condizione precaria, questo sì, ma forse soprattutto del fatto che la condizione sia diventata precaria proprio in un momento in cui la Fortitudo non è più quella di prima e non sa ancora quello che diventerà. Troppo difficile gestire il rientro di Flowers (acerbo, acerbo, acerbo), i primi passi di Amoroso, quando attorno non si riesce a costruire il palazzo all’interno dei quali questi due, non in squadra lungo tutto l’autunno, dovranno abitare. E allora ci sta che l’embrione non riesca ad essere partorito nel migliore dei modi, perché non solo la gatta frettolosa, ma anche quella che non viene messa in condizioni di diventar mamma nel modo migliore, può far uscire gattini ciechi.
Trieste è stata avanti praticamente sempre, fondandosi prima sulle fiondate di Landi, poi sul gioco interno (del tutto assente prima) di Prandin e Parks. E la Fortitudo? Precaria, nel suo non riuscire a trovare punti di riferimento continui, e forse ad un certo punto troppo speranzosa che a salvar baracca e burattini fosse prima un Daniel di grande quantità e qualità, poi chissà, lo stellone che tante volte aveva portato le avversarie a suicidarsi davanti al pubblico biancoblu. Con troppi giocatori che non sono riusciti a dare quella intensità utile per girare le cose (Italiano e Raucci in primis), e la fatica di altri che non sono stati in grado di andare oltre quelli che sono, oggi, gli attuali limiti fisici.
Paradossalmente, chissà, una squadra con rotazioni più asciutte ma meno drammatiche avrebbe potuto fare meglio: ieri, con la necessità sia di ricostruire i propri giochi visti i nuovi arrivi, che non far collassare quelli già esistenti per via di acciacchi vari ed eventuali, è stato quasi inevitabile alla fine perdersi per strada, sperando più nell’inerzia che altro. Come un adolescente, ecco, che non è ancora adulto ma non più bambino. E le palle perse tra disastri vari nelle ultime battute (ma attenzione, Trieste stava facendo uguale) sono la prova di come, ad un certo punto, se l’acido lattico manca anche il fosforo ne risente. Peccato, e ora via di Legnano, nel primo pomeriggio scaiano, sperando che in settimana si parli più di basket che non di tachipirina.
Ancora un altro entusiasmo ci farà pulsare il cuore - Il primo tempo di Daniel, o se vogliamo la concretezza di Amoroso una volta deciso di entrare in area. La buona volontà, amen.
Ne abbiamo avute di occasioni perdendole - Troppa gente non in condizione, questo ci sta. Le esuberanze di Montano nelle ultime battute. L’infermeria. Ora, che perlomeno si continui a far bene in trasferta.