BASKET CITY AL MARE
‘sta roba qui della Notte Rosa lo metteva sempre un po’ in difficoltà, perché da un lato non è che gli piacessero tutte queste manfrine per portare qualche cliente in più, come mettere i nastrini al bar o – come qualcuno gli aveva criminosamente suggerito – addirittura infiocchettare ogni singolo ombrellone. Ma era anche vero che, come si soleva dire, pecunia non olet, e quindi se per un fiocco rosa da un euro arrivava una consumazione da due, che rosa fosse. Si era perfino inventato un cocktail di color rosa, anche se i maligni raccontavano che fosse una vodka mischiata con della mortadella: la gente abboccava, e quindi bando ai sentimentalismi. Come quelli del tifoso Virtus, che riguardava su youtube una roba di 30 anni prima e ripensava sia a chi c’era in campo sia alla scritta sulle magliette.
Bavvy - Ah, se si potesse riavere tutta quella roba… Un Brunamonti, un Villalta, un VanBreda… Il marchio sarebbe solo nostalgia, forse, però intanto meglio averlo che non averlo, no? Così come anche Villalta: certo, averne uno simile in campo mica ci farebbe schifo, però.. Insomma, sono di quei collegamenti mentali che sembrano fatti apposta per far sognare la gente. Poi magari ti rendi conto che non sono i dirigenti o il latte a far vincere le partite, e capisci che tra il sognare e il fare c’è di mezzo e il, ma intanto…
Waimer - Intanto smettila di parlar di latte, che poi la gente pensa che negli spritz ci metta il Nesquik. Questo è un bagno serio, mica niente. E vedi un po’ come passa il tempo: prima si parlava di pallacanestro, ora di latticini.
Bavvy - Mah, è una storia strana: si parla della cosa, non se ne parla, viene fuori che gli spifferi non sono stati graditi. E’ come se ci fosse sotto qualcosa che non capisco, o capisco ma non voglio mettere a fuoco. Insomma… Mi sembra ci siano varie anime, nel mondo Virtus, e vorrei che tutte remassero nella stessa direzione, e non sempre la cosa è chiara. Iniziamo un nuovo percorso, nel bene e nel male, e dovremmo scordarci il passato, a prescindere dai giudizi nel merito. Succederà? Non succederà? Mi sa che qui non è successo, e magari domani abbiamo buone notizie, ma oggi, ecco… Così come la roba di Gigli e Poeta: discorsi giusti, toni un po’ eccessivi, con quel in casa mia si fa come dico io molto old style. Io la penso così: Poeta bello, bravo e caro, ma forse lo si può salutare, con giustificazioni tecniche, senza particolari strappi di capelli. Metti un americano forte in regia, metti Imbrò dietro, ci sta che Peppe sia un terzo e prescindibile incomodo, no? Su Gigli… Gigli… temo ci siano questioni economiche non da poco, se viene fuori un termine comecriticità, che non far rima con pregresso ma si capisce di cosa stiamo parlando.
Waimer - E’ la storia più vecchia del mondo. Il giocatore che dice “voglio restare” ma ti fa capire che di sconti non te ne vuole fare, né sul passato né sul futuro. E magari non ha nemmeno tutti i torti.
Bavvy - Quando rilevi una macchina usata non sai mai se tutte le viti sono a posto, e forse è anche complicato, prima, studiare ogni anfratto del cofano per capirne la situazione. Oh, basta che si accordino, però di Gigli è fatica dire che se ne possano trovare altri, dato che si parla di un centro italiano, non ancora con le rughe, e di tutto rispetto. Vuoi fare la squadra con spazio ai giovani? Bene, ma che almeno i titolari siano delle garanzie. Capisco la crisi, ma…
Waimer - Ma?
Bavvy - Ma c’è per tutti. Qui sembra che ci siano contrazioni collettive, squadre che sembrano yogurt, con la scadenza scritta sulle maglie. E ci potrebbe essere davvero spazio per tutti, in classifica, ad indovinare due o tre scelte, e senza nemmeno dover costringere il bancomat a far troppi sforzi. Speriamo.
Waimer ascoltava annoiato. Erano già passati due mesi da quando i disastri sportivi del capoluogo lo avevano costretto ad aprire il bagno con largo anticipo sulle date abituali, e gli mancavano un po’ quelle estati in cui i discorsi sulla spicchia iniziavano a metà giugno e consistevano in dibattiti su chi prendere o chi lasciare. Qui pareva davvero che la questione agonistica fosse la meno importante di tutte, e si chiedeva se avessero ancora motivo di denominare la propria città Basket City, questi che venivano da lui a pontificare come ai tempi in cui in effetti si battevano per il predominio europeo. Qualcuno da fuori si lamentò perché aveva trovato della mortadella nella vodka, e Waimer capì che, almeno per lui, c’erano cose più gravi a cui pensare.