Mauro Di Vincenzo è stato intervistato da Damiano Montanari su Stadio.
Un estratto delle parole del coach della Yoga 1987-88.

L'ottimo avvio aveva lasciato presagire un risultato finale che ha ricreato grande entusiasmo in tutta la piazza. Quest'anno l'allenatore ha fatto un lavoro eccellente, soprattutto perché è riuscito nel compito non semplice di dare equilibrio a questa Fortitudo, prima di tutto prendendo due americani all'altezza della situazione, cosa che non succedeva da molti anni. Leunen è stato un collante eccezionale, Hasbrouck un giocatore più di talento, ma entrambi, in più di un'occasione, si sono caricati l'Aquila sulle spalle. Poi ci sono stari gli italiani. Rosselli, molto intelligente, che ho sempre paragonato al "mio" Albertazzi per la sua capacità di fare le giocate giuste al momento giusto; Cinciarini, che finché non si è infortunato ha disputato una stagione importante; Pini, che ha subito beneficiato molto del lavoro di Leunen ma che poi ha avuto meno spazio con il rientro di Mancinelli; Fantinelli, forse adatto anche alla categoria superiore. Ma tutti hanno dato il loro contributo, sotto la regia di un coach che non è un fanfarone, ma fa giocare la squadra.

La Fortitudo può ancora battere il "suo" record (25-5, ndr). Record come questo non significano niente. Quello che conta è ottenere gli obiettivi che la società si prefigge. La sconfitta a Forlì? L'allenatore giustamente si arrabbia quando perde. E' una questione di rispetto del lavoro e dei giocatori. E' chiaro che domenica Forlì aveva motivazioni particolari legate ai playoff: sono felice che li abbiano raggiunti. Ora la Fortitudo dovrà programmare la prossima stagione, senza buttare via quanto fatto di buono.

Capitan Mancinelli ha dichiarato di voler continuare a giocare. Tocca all'allenatore, che si gioca la sua pelle, decidere chi deve giocare. Non importa che sia un simbolo o meno. I giocatori, come tutti, hanno momenti in cui sono utili alla società e altri in cui devono smettere. Apprezzo molto un giocatore atipico come Mancio, tanto che mi sono sempre rammaricato di non averlo potuto allenare. Però come allenatore mi avrebbero indispettito molto certi suoi atteggiamenti, come il non tornare in difesa dopo un errore o una fischiata dubbia. Ginobili, se sbagliava, si faceva in otto per rimediare senza trovare giustificazioni. Per questo, per tutti, è stato un'eccellenza.

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