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(foto FIBA Europe)
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Alessandro Pajola, capitano della Nazionale, è stato intervistato da Giulia Arturi sulla Gazzetta dello Sport.
Un estratto delle sue parole.

L'esordio da capitano? Tanta gioia e un senso di responsabilità. Un compito bello ma impegnativo. Ero teso: la Turchia è una squadra molto forte, la sfida era diffìcile, su un campo ostico. Sapevo che quell'evento l'avrei comunque ricordato e il fatto che sia stata una vittoria e una gran partita di squadra è felicità.

L'Eurolega con la Virtus in che cosa l'ha migliorata? Dal punto di vista fisico. Si prendono e si danno legnate ad un altro livello. Tengo molto al discorso delle letture: fare la scelta corretta, il passaggio più efficace, la rotazione giusta. E in Eurolega prendere una decisione con un decimo di secondo di ritardo è fatale.

Da apprendista campione a veterano, capitano e punto di riferimento. Mi è sempre venuto naturale, senza mai scavalcare nessuno. In un vero lavoro di squadra, ciò che ognuno riesce a fare meglio va condiviso. Magari io non segno una tripla in step back, ma riesco a capire qualcosa prima e cerco di metterla a disposizione.

Il suo tiro da tre sta diventando un'arma. Deve diventarlo. Era un aspetto che un po' mi frenava nell'ultimo periodo e ci ho lavorato molto. Qualche anno fa guardavo troppo poco il canestro, diventavo passivo e facilmente difendibile: migliorando nella pericolosità, si aprono varchi per attaccare la difesa»

Diouf: con l'infortunio dell'anno scorso è scattato qualcosa. Le occasioni arrivano e devi farti trovare pronto