nba camp
nba camp

Ci sarebbe di che scrivere un libro, di tutto quello che è successo in questa stagione della Fortitudo. Magari qualcuno lo farà, un giorno, perché a volte le cronache delle disfatte sono ancora più succose dei resoconti delle vittorie. Quello che si può dire, a bocce ancora non ferme – solo per il fatto che ai tifosi girano come cricetini impazziti – è che non si ricorda, a memoria d’uomo, cotanta serie di autogol e di tafazzate tutte rinchiuse in pochi mesi. Perché la cosa curiosa, è che questa disfatta non riesce ad avere un colpevole ufficiale, andando a perlustrare tra le varie identità che si sono avvicinate all’agonia bolognese. Potrebbe esserlo Sacrati, ma il suo alibi – quello di non aver messo becco nella scelta dei giocatori, e non aver certo iniziato la stagione con una squadra dimessa e dismessa – è a prova di bomba. Potrebbe esserlo Savic, ma anche lui, magari, potrebbe raccontare di tante occasioni in cui il suo compito è stato più quello di pompiere delle lamentele dei giocatori che altro, dato che la squadra, pur con gli incredibili errori di valutazione, non poteva essere considerata da penultimo posto. Potrebbe esserlo Pancotto, che a suo favore potrebbe raccontare di come, certi giorni, non sapesse chi e come avrebbe trovato in allenamento. Insomma, qui si gira il concetto classico: nessun colpevole, tutti colpevoli. <br> <br>Ma la gente, oggi, non sa cosa pensare. Perché chi fosse venuto a raccontare, a settembre, di situazione difficile, di ristrettezze economiche e di pane e salame, avrebbe forse preparato la piazza ad una stagione di sofferenze: Germano Gambini, pluriretrocesso negli anni ’80, di rado venne imputato di scarsezza di mezzi, e solo nel 1990, quando si capì che era stato fatto un passo più lungo della gamba, qualcuno sbottò. Questo per capire che, se alle cose vengono dati i giusti nomi, tutti sarebbero più sereni e rassegnati. Così non è. <br> <br>E, soprattutto, ora non si sa cosa sarà il giorno dopo. Perché se tutta Italia vocifera di situazione economica non floridissima, non sarà solo colpa di stampa falsa e tendenziosa, e nemmeno si sa se Sacrati, ormai sfiduciato dalla gente, potrà tornare a dire qualcosa che non siano le solite questioni del Parco Delle Stelle. Importanti, per chi di mestiere fa l’imprenditore, ma assolutamente inutili per chi deve sentirsi raccontare come mai l’anno prossimo, se derby sarà, sarà solo nel caso di un ripescaggio di Imola. E stride, come in questi ultimi giorni di Via Crucis, i disastri del campo siano stati osservati dai manifesti su cuori che palleggiano, offerte di tiri liberi a tutti e nemici del basket da smascherare. La tempistica, almeno questa, è stata incredibilmente tafazziana. <br> <br>Resta poi il rammarico delle ultime dichiarazioni, rilasciate da Zoran Savic a Sky – nessuno dello staff biancoblu ha messo piede in sala stampa, domenica a Teramo, malgrado la lunga attesa dei giornalisti bolognesi, nemmeno avvertiti della cosa – e che non fanno altro che dimostrare l’assoluta impreparazione della società. Assurdo attaccarsi ad una bottiglietta tirata contro un dirigente accompagnatore, assurdo chiedere ricorsi per la poca tutela verso alcuni giocatori: sembra solo l’ultimo esempio di poca sportività, nell’ammettere come questa retrocessione sia legittima. E legittimata non da Cerebuch con le sue fischiate, ma da 30 partite di lunga agonia, in attesa di miracoli che non si sono mai verificati, perché qui nessuno aiuta nessuno. E brontolare non aiuta certo a procacciarsi simpatie. <br> <br>Nei prossimi giorni arriveranno i giudizi sulla stagione, ultima certezza che la Fortitudo può garantire. Perché tutti sappiamo che Strawberry e Scales, tra gli altri, sono stati dei brocchi mai visti su questi schermi. Nessuno sa cosa sarà il domani. In bocca al lupo, triste Fortitudo.

Fossa dei Leoni, domenica la coreografia per i 55 anni
Petrucci: che colpa ne ho se sono anziano ma vinco sempre io? Non tocca a me creare il mio successore_