GENTILE: IO E LA VIRTUS ABBIAMO LA STESSA FAME, SONO PRONTO A ONORARE UNA MAGLIA STORICA
Alessandro Gentile è stato intervistato da Mirco Melloni su La Stampa.
Ecco un estratto delle sue parole.
Sulla sua ripartenza. Dalla fame che mi accomuna alla Virtus: ho tanta voglia di giocare e sono pronto a onorare una maglia storica. Il presente ricorda gli anni d'oro, con il Paladozza esaurito in abbonamento.
Sull'eredità di Danilovic e Ginobili, proprio nello stesso ruolo. Danilovic è stato un modello, per il talento e la cattiveria agonistica. Da bambino, però, ebbi in regalo la maglia autografata di Marko Jaric. Era il 2001 e la Virtus completò il Grande Slam.
Sul progetto bianconero. Questo progetto è ambizioso, però serve tempo perché ci stiamo appena conoscendo. Essere un leader in Italia è l'obiettivo che vorrei centrare, prima o poi: un giocatore gioca per vincere, non mi nascondo dietro finti slogan.
Sul sentirsi maturato dopo lo scorso anno. Ho imparato tanto, perché il mio percorso non aveva ancora conosciuto stop. Mi ritengo fortunato ad aver vissuto un cammino del genere a nemmeno 25 anni. Tante cose mi hanno stupito, ma non accuso nessuno: chi deve sapere sa.
Qualcosa da non rifare? Penso all'intervista subito dopo lo scudetto 2016 ("Forse è stata l'ultima partita con questa maglia", ndr), a cui venne dato un senso differente rispetto a ciò che intendevo io. Al ritorno a Milano dopo quell'estate trovai una situazione diversa. Mi tolsero i gradi di capitano, ma io lo venni a sapere dai media.
Sull'aver segnato sul calendario la data della partita con Milano. Sì, ma senza rancori: Milano è la squadra con cui ho vinto quattro trofei, a cominciare dallo scudetto che mancava da 18 anni. Io e l'Olimpia ci siamo dati tanto a vicenda. Ora sono felice alla Virtus, dove il presidente Alberto Bucci è una presenza fantastica, per la sua vicinanza. Poi gioco accanto a mio fratello Stefano: è bellissimo per una famiglia unita come la nostra, che mi ha aiutato nei mesi complicati. Papà Nando si fa sentire, mi dice sempre di credere nel lavoro.
Sulla Nazionale. Non dipende da me: ho preso atto dell'esclusione prima degli Europei, ora penso alla Virtus. Ho fiducia in Sacchetti, saprà compiere ottime scelte.
Sull'immagine di giocatore "talentuoso e ribelle". Ho imparato a non dare peso alle etichette, nessuno conosce la vita di una squadra fuori dalle partite. Ho un carattere particolare, è vero, ma so stare in un gruppo. E c'è una verità inconfutabile: mostro sempre la mia faccia, quella vera.