Riportando tutto laddove iniziò, alla fine è anche giusto che tutto si decida in 40, maledetti minuti. Quelli che separano Forlì dall’appuntamento con la Storia, che dopo svariati sfondoni potrebbe arrivare sbattendola in faccia proprio all’avversaria di sempre. Da parte loro, perché è normale che la Fortitudo, di quel che è capitato in
Romagna negli ultimi 15 anni, non ne sapeva proprio niente fino a 12 mesi fa: nessuno snobismo, ma semplicemente un destino che ha unito le due squadre a cavallo tra gli ’80 e i ’90, e che poi le ha posizionate su piani agonistici del tutto diversi. Con curiosi rimandi a qualcosa che capitò nel 1998, in una proporzione che potrebbe dire Forlì:Fortitudo2010=Fortitudo1998:Virtus, per aspettative e tante altre cose.

Si dibatte per i biglietti, sarà tutto da vedere quel che capiterà al PalaFiera, e in fin dei conti non è nemmeno del tutto
sbagliato, a casa loro, che cerchino qualsiasi modo per rendere in meno biancoblu possibile la tana della Vemsistemi: non sarà diplomatico, ma in guerra e nei playoff tutto è lecito, si dice. E allora, al di là di quanti saranno i bolognesi a Forlì, e sperando poi che non ci siano mischioni nei settori, andiamo a parlare un attimo di pallacanestro. In
casa Fortitudo, infatti, vada come vada, da giovedì si cambierà del tutto discorso. Ecco, quindi, alcuni spunti di riflessione. 

Lamma son tanto felice - Leader della squadra, non solo a livello di personalità ma anche statistico, se vogliamo. Il capitano ha cercato di scrollarsi di dosso l’anagrafe e la ruggine, diventando in questa finale il vero e proprio termometro della sua truppa. Completamente sparito il tiro da 3 (1/11, per intenderci), Davide non trema dalla lunetta (17/19), e lavora più che bene sia a rimbalzo che nel momento di smazzolar assist. Tolto dal dover correre
dietro a Forray, vincere gara 5 sarebbe per lui la gioia della carriera. Subjudice, sia chiaro, ma per ora sta facendo di tutto per ergersi a protagonista, dopo una vita da mediano.

Forray, a chi lo do stasera?- Domanda che si pone Alex Finelli, sapendo che da Gennaro Sorrentino potrà avere
tanta, tanta pressione, ma che i 40’ sono tanti. Il regista biancorosso, buttate le lastre della mano fratturata fuori dalla finestra, sta andando anche oltre quello che a Forlì ci si aspettava, diventando il capo della banda e facendo innamorare la sua curva. Non benissimo al tiro (15/41 complessivo), ma il suo apporto va ben oltre quello che
possono dire le cifre. E per la Fortitudo diventerà decisivo tenerlo sotto volume il più possibile, magari chiedendo a Muro un ultimo sacrificio. A proposito..

Sbattere la testa mille volte contro il Muro - Nessuno lo vuole ammettere, ma Alejandro è un mistero. Lasciate correre alcune partite un po’ sonnolente (non tante, invero) durante la regular season sapendo che tanto si sveglia nei playoff, l’uruguaiano forse non ha messo la sveglia. Vero che la botta al naso alla prima azione della prima partita con Castelletto lo ha rintronato, ma ormai è passata una vita. E allora, andando a leggere le sue cifre in finale (3/17 da 3, 6/24 complessivo e un -3 di valutazione che grida vendetta), sorge il dubbio che il giocatore non abbia più di tanto metabolizzato il partire dalla panchina: 4 volte su 15 in doppia cifra da quando non è titolare, erano 20 su 24 prima, considerando anche il fatto che, di quei quattro episodi, due furono contro Jesolo. Aggiungendo le sofferenze su Forray, non è esagerato dire che Muro fin qui ha ciccato tutti i 100 minuti giocati, o quasi. Eppure, a Forlì aspettano ancora che si scateni, forse per scaramanzia. Ora, a lui rendere la pariglia.

Nell’area ci siamo ancora noi - Finelli dovrà in qualsiasi modo andare alla ricerca dei suoi lunghi. Basti un
dato: anche dar palla a Quaglia – Quaglia – qualcosa di buono ne salta fuori, se pensiamo che il backup di Cittadini ha 10/12 al tiro, e prodotto ben maggiore rispetto a quello che ci si poteva aspettare. Il succo è questo: riuscendo a servire in modo funzionale gli omoni, punti ne arrivano, e proprio qui che nasce quella differenza nel tiro da 2
(52,5% Bologna, 45,6% Forlì) che potrebbe essere decisiva. Quindi, sfruttare al meglio Cittadini, 22/32 al tiro e miglior rimbalzista della serie, che dovrà assolutamente andare oltre i 25’ di media giocati nelle prime 4, ed evitare falli stupidi, specie quelli a metà campo alla ricerca di improbabili raddoppi. E non dimenticarsi che Gigena, in avvicinamento, tanto male non è. Sperando, poi, che il tiro pesante torni nel momento decisivo. Perché, per ora, dall’arco arriva poco o niente.

Three is the magic number - Le due squadre stanno tirando male dall’arco. Lo ha fatto bene Bologna alla prima, lo ha fatto benino Forlì alla terza, e guarda caso da qui sono passate le due vittorie esterne della serie. 23/84 la Fortitudo (27,4%), 22/78 Forlì (28,2%), e per i biancoblu è roba che scotta, dato che basterebbe aprire un po’ la scatola per dare una mazzata forse decisiva in attacco, considerando che in area, come visto, si potrebbe banchettare. Le mani, però, tremano: qualcosa lo infila Sorrentino (6/12, in totale controtendenza), mentre dei disastri di Muro e Lamma abbiamo già detto. Servirebbe uno sblocco di Malaventura, che dopo il 4/8 di gara 1 ha poi lanciato un rivedibile 3/19. Tanto passerà da qua, è chiaro.

Sopra la panca la squadra campa - Urge trovare qualcosa da tutti. Bologna ruota nove uomini, Forlì 8, ma è
evidente che le responsabilità biancoblu sono in un numero di mani inferiori rispetto agli avversari. Fin qui, Genovese si è visto solo per il quasi ruzzolone al momento di entrare in campo in gara 4, e Micevic soffre ancora di acciacchi, e da loro è arrivato poco. Tolto Quaglia, chi non parte in quintetto (ovvero il trio Genovese-Quaglia-Muro) ha -14 di valutazione. Basterebbe un exploit per mettere sul tavolo qualcosa che finora non c’è stato. Ora, o mai più.

State buoni se potete - La vigilia è stata nervosa, con le schermaglie per i biglietti, i controlli delle targhe
per evitare che qualche ticket arrivasse in mani nemiche (ma per chi avesse una targa neutra si chiedeva di declamare una qualche lirica di Secondo Casadei per assicurarsi della romagnolità? Lo si costringeva ad
ascoltare un monologo di Pierino Brunelli?). Ma, come detto, la posta in palio è alta. Finora il fattore campo ha inciso e non inciso, dato che due volte ha vinto la squadra di casa e due volte no. Bologna dovrà restare con la testa nel match, evitando provocazioni – ed evitando di provocare – perché peggiorare il clima non sarebbe qualcosa di positivo. Poi, sarà quel che sarà, ma almeno è giusto provarci.

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