Coach Walter De Raffaele è intervenuto a "Possesso alternato" su Radio 108, parlando ancora della partita di ieri contro la Virtus.

Ieri, nonostante l'assenza Mitchell Watt, eravamo partiti bene e per due quarti, alternando le difese e con una serie di blocchi in attacco per liberare il tiro, siamo riusciti a disputare un buon incontro. Molto importante è stato Tonut che ha raggiunto già una notevole continuità, sta anche migliorando molto e ripaga la nostra scelta di avere una guardia titolare italiana, ma potrà diventare anche molto più completo. E una delle nostre pecche è stato non continuare a servire Fotu che stava facendo bene e ora sta giocando molti più minuti del previsto. Poi a partire da metà terzo quarto abbiamo pagato i troppi contropiede della Virtus, provocati dalla loro buona difesa, ma anche dei nostri demeriti, troppe palle perse. Alla fine il risultato è stato eccessivo nelle proporzioni rispetto all'andamento della gara, ma questo è il basket. Questo è un anno speciale, veniamo da una lunga sosta, e anche se noi siamo un gruppo collaudato e abbiamo potuto guadagnare tempo, l'aver dovuto cominciare a giocare in Supercoppa, con lo stress di dover raggiungere la Final Four, non è stato facile. Giocare senza pubblico è devastante, un fattore a cui è difficile abituarsi. Per noi allenatori c'è il vantaggio di poter comunicare con i giocatori, ma anche l'handicap di far sentire cose che non dovrebbero essere ascoltate. Poi c'è l'aspetto psicologico di questa situazione, sofferto soprattutto dai giocatori stranieri. Sono spesso qui da soli, con gli affetti a tanti chilometri di distanza: è una problematica che come società abbiamo dovuto affrontare. Un allenatore oltre alla conoscenza del gioco e alla propria filosofia deve anche tener conto di avere a che far con delle persone. Ora ci aspetta la trasferta di Kazan, dovremo intanto capire quanti ne avremo disponibili. ma sarà una gara da giocare in trincea. Per quanto riguarda la mia carriera da giocatore, della finale Livorno - Milano se ne parla ancora, ma smisi presto perché ebbi tanti infortuni, sempre con riabilitazione a Bologna dal grande Dottor Lelli che saluto ed abbraccio e con l'aiuto del grandissimo Prof. Grandi, che purtroppo ci ha lasciato. Quando ancora giocavo avevo già preso il patentino da allenatore e mi arrivò una chiamata da Montecatini, mia moglie era stanca di portarmi sempre in ospedale e decisi di smettere. Feci l'assistente di Finelli e Pillastrini, ebbi la tentazione di smettere subito, poi invece continuai. Marsala è stata un'esperienza bellissima da giocatore e ho bellissimi ricordi e tanti amici, con Roosvelt Bouie che è negli Stati Uniti siamo ancora in contatto. L'ultimo anno mi sono rotto il ginocchio e non finii la stagione. Desio aveva messo insieme un bellissimo settore giovanile e salimmo in A1, perdendo poi la finale per il titolo di categoria contro Milano al supplementare. A fine campionato il titolo venne venduto a Roma e io andai a Pistoia. La Legadue aveva una qualità alta, a Desio la guardia era Mike Davis, un giocatore fenomenale, poi lo stesso Bouie. C'era un'attenzione e una cultura del lavoro diversa, la maggior parte dei giocatori aveva un senso di responsabilità molto alto. Libertas o Pielle? Io ho fatto una finale scudetto con la Libertas, quindi quella è a risposta. Il Livornese vive di sfide e questo aspetto lo si ritrova nello sport, il basket è ovunque anche se ora è sotterrato sotto le ceneri. La nidiata degli allenatori viene fuori da questa passione, i vari Benvenuti, Lombardi, Formigli, per arrivare a una scuola che nasce da questa cultura, coltivata dal Don Bosco. In questo momento non c'è una squadra di vertice, non ci sono le risorse economiche, la Libertas cerca di fare qualcosa in serie B, ma è difficile. Io cominciai nel Don Bosco e c'era la filosofia di formare giocatori a costo di perdere le partite. La necessità è formare gli allenatori, è da lì che nasce la crescita dei giocatori. Si è perso questo aspetto, a Livorno come altrove. Porto nel cuore Alberto Bucci, in particolari due ricordi: la finale scudetto quando arrivò dopo un'ora negli spogliatoi a comunicarci la sconfitta mentre noi stavamo brindando allo scudetto; poi i tanti scherzi che faceva nei lunghi ritiri di tre settimane a Brunico.

(foto Reyer Venezia)

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