Alessandro Gentile è stato sentito dal Corriere di Bologna e da Stadio. Qualcuno dei punti trattati.

Il ritorno a Bologna - Mi farà piacere, a Bologna sono stato bene. Giocavo per l'altra sponda di Basket City, quella virtussina, e sono consapevole dell'ambiente che troveremo domenica. Ma sono molto contento di poter giocare al PalaDozza, uno dei palazzetti italiani più caldi e più belli. cerco di conservare bei ricordi e amicizie, come fanno tutti. Anche della Virtus, che in quella stagione da neopromossa arrivò alla Final Eight di Coppa Italia e mancò di un soffio i playoff, nonostante gli infortuni. Secondo qualcuno fu una stagione fallimentare, per me no.

Come un derby - Onestamente no, sarebbe una forzatura, anche perché in passato sono stato un grande estimatore della Fortitudo, da bambino. Il mio idolo era Belinelli, andavo a vedere la Effe quando veniva a giocare in Campania, ad Avellino e a Napoli. A Bologna tutto è sempre un po’ speciale, ma da un altro punto di vista è una partita come un’altra. Sono a Udine da poco più di un mese, cerco di ritrovare la forma pian piano e faccio ancora tanto lavoro differenziato, ma è un processo lungo.

La possibilità di firmare per la Fortitudo - Era il 2017, l'anno che lasciai Milano per andare al Panathinaikos. in quei giorni ci siamo sentiti. Poi non c’erano le condizioni e presi un’altra strada.

L'esonero di Boniciolli - Mi è dispiaciuto molto per lui, che mi aveva voluto qui. Matteo sa prima di ogni altro che in questo lavoro, quando le cose non vanno bene, di solito è l'allenatore a pagare per tutti e a scontare anche le colpe che non sono sue, fa parte della legge dello sport. Ora c'è un altro coach che ha lavorato con lui per molti anni. Diciamo che stiamo proseguendo il lavoro iniziato da Boniciolli.

La depressione - L’ho fatto perché lo sentivo come un dovere. La lotta di ogni giorno per la propria salute mentale è un aspetto spesso sottovalutato nella vita di chi fa sport. Invece siamo esseri umani anche noi, con i nostri dubbi e insicurezze. Non volevo essere un apripista, solo mi sembrava giusto utilizzare la mia visibilità per dire che il problema esiste, sensibilizzare sull’argomento. Ho ricevuto tantissimi messaggi di sostegno, per lo più provenienti dal di fuori del nostro mondo. La cosa che mi ha fatto più piacere è stata scoprire che tante persone si sono aperte, hanno trovato il coraggio di parlarne, magari all’inizio proprio con me. Persone che prima non riuscivano a farlo, il più delle volte per vergogna, che spesso è un blocco insormontabile. Invece non c’è nulla di male nel chiedere aiuto. Tutti dovrebbero avere una spalla, qualcuno che ti dia una mano a ritrovarti, come è stato per me.

La partita di domenica - Siamo in una fase di ricostruzione. Dal roster sono usciti Mian e Mussini e siamo arrivati io e Monaldi. Ci stiamo ancora conoscendo reciprocamente, abbiamo tanto lavoro da fare e non siamo continui per quaranta minuti, ma nelle gare con Rimini e Cento abbiamo mostrato sprazzi interessanti. Sappiamo che al PalaDozza non sarà facile.

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