FORTITUDO-AGRIGENTO GARA 1, IL PREPARTITA
...e poi arrivano i playoff. Quella cosa a cui si inizia a pensare già alla fine del playoff dell'anno prima, e che è unico obiettivo di chi, noblesse oblige, non può non puntare alla promozione. Anche se, a dire il vero, l'imbuto di una su sedici rende il tutto più una corrida che un qualcosa di agonisticamente affidabile: se proprio non vogliamo fare due promozioni almeno seghiamo il primo turno e iniziamo dai quarti di finale, che senso ha promuoverne 16 su 32?, ha lamentato coach Pozzecco qualche giorno fa in tv. Vero, ma almeno per quest'anno, non cambiare, stessa formula. L'anno prossimo sarà diverso, chissà, e chissà se saremo ancora qua a parlarne.
Per non parlarne, servirà fare ottavi, quarti, semifinali e finale con filotto di vittorie: 12, ne serviranno, per una squadra che viene percepita, diciamo, meno positivamente di quelle delle due passate campagne. Malgrado questa abbia raggiunto risultati migliori (per dire: l'ottavo con Agrigento sarà la prima serie playoff con vantaggio del fattore campo dai tempi della serie B) e record vinte-perse non da seconda o terza fascia. Però ci sono perplessità, tante, e pessimismo (o meglio, non ottimismo) sul fatto che il cerchio possa quadrare ora che ce ne sarà bisogno. I doppioni in campo, la regia ballerina, la stanchezza degli ultra trentacinquenni, gli stranieri non affidabili, svariati giocatori che non hanno reso per quanto ci si aspettava. Eppure, in questo strazio, è arrivato il secondo posto: forse, non sarà una squadra di invincibili, ma nemmeno poi così scalcinati come le critiche descrivono. Forse il problema è la non continuità, o il sapere che se si accendono possono battere chiunque altrimenti sono dolori a prescindere, o che il turnover non è roba che faccia bene a tutti. Insomma: riusciranno i playoff a risolvere tutte queste problematiche? Vedremo, chissà.
Agrigento, quindi. Al di là degli echi battistiani sull’ancora tu, stavolta l’approdo siculo ai playoff è stata una grande impresa, per la Fortitudo del Sud che in estate tanto aveva cambiato e che partiva con l’unica principale velleità del salvarsi. Invece le cose sono andate meglio del previsto, con un rendimento di grande continuità (tranne forse un passaggio invernale, con serie positiva prima e negativa poi) senza picchi né in alto né in basso. Record pari (15-15), 5 sconfitte in casa e 5 vittorie in trasferta, il cittadino onorario Franco Ciani, alla settima annata di fila sulla panchina di Agrigento, ha ben gestito il cambio generazionale – tra i salutati c’è stato Alessandro Piazza, e visto come l’ex Fortitudo Bologna contro la sua antica nutrice sia sempre stato o quasi il sesto uomo di Boniciolli, come tanti altri ex, per i playoff potrebbe non essere una cattiva notizia, vista da quel lato del parquet – affidandosi intanto agli americani. Intanto il lungo Jalen Cannon, quasi 15+10 di media, ma anche quel Penny Williams che a Bologna (sponda Virtus) ricordano con le mani nei capelli, e che invece a latitudini isolane funziona meglio: 13+5 e quasi 4 assist. In regia chiavi al ’96 Zugno, promettente che dovrà ora mantenere, e che bene sta facendo. Altrimenti l’eterno Evangelisti, alla millesima stagione in doppia cifra di media, l’altro esterno Pepe (12 di media) e le ottime cose del ’97 Ambrosin, guardia che i 10 a partita li sfiora. Panchina non lunghissima (i due USA viaggiano a minutaggi da altri tempi), ma dove qualcosa di buono lo può sempre saltare fuori.