Il nome di Pier Paolo Zamboni dirà poco a chi segue il basket da poco e, comunque, non in profondità. Ma per chi seguì l'epopea del Progresso Castelmaggiore di Flavio Tudini, una ventina e più di anni fa, ecco che farà tornare alla memoria ricordi discretamente curiosi, benchè ormai impolverati. Avvocato, vicepresidente, era la versione della dirigenza che poteva rapportarsi con il pubblico, e con la stampa, in modi più soft e sicuramente meno schizofrenici del suo boss. La cui parabola, poi, l'avremmo scoperta un po' di anni dopo con le accuse di Fideuram eccetera.

Nell'estate 2002, fu lui a chiamarmi per fare l'addetto stampa di quel Progresso. Non ho idea di quale fosse la ragione, ma da totale inesperto sull'argomento - e nella realtà davvero artigianale di quella dirigenza - fu chiaro che sarei durato come un gatto in tangenziale. E, d'altronde, venni chiamato senza un contratto nè una lira di compenso: a me bastava avere un accredito extra per fare entrare la mia compagna dell'epoca. Un gatto in tangenziale, appunto, dopo un mese in cui non feci praticamente nulla se non scrivere sul giornalino che veniva distribuito all'ingresso. E che continuai a fare, anche se - “per non fare arrabbiare Madrigali” - gli scritti andavano sotto pseudonimo. E se Madrigali (che per altro in quel periodo, autunno 2002-primavera 2003, ben altri problemi aveva) poteva non sapere che il nuovo nome che firmava i pezzi era quello della mia fidanzata - che nel frattempo mi aveva lasciato, quindi immaginate il mio caos mentale: scrivere pezzi che uscivano a nome di quella che mi aveva appena scaricato -, doveva essere davvero ebete nel non capire che altri articoli, che uscivano a nome “Enrico Gafongia” o “Enrico Giaffano”, erano poi alla fine miei. Ma Zamboni era fatto così: tranquillo, sedante, e tifoso. Come quando, l'anno prima, non si poneva problemi a urlare PUGNETTAROOOO ad un giocatore del Progresso, quindi suo, ma più bello che non pugnace.

Alla fine dell'esperienza Progresso, rimase con Tudini nel tentativo Gandino. Sempre cercando di tenere a bada l'estroverso presidente, ed essendo passati ormai 20 anni questo aneddoto è raccontabile. Riunione di società (e siamo in C1), il terzo allenatore fece presente che, un sabato, invece di stare in panchina sarebbe potuto andare a Verona a fare scouting dei prossimi avversari. Tudini si girò verso Zamboni chiedendogli “hai delle amiche che possono accompagnare il nostro allenatore a Verona? Quanto costano?”. Zamboni fu molto bravo a far finta di niente.

Ieri, è deceduto dopo una lunga malattia, come si suol dire. Ci mancherà. Anche se offriva sempre campioni di aceto alla mia ex (così come a molti giornalai di quella curva di tifosi che era, in realtà, la tribuna stampa del Progresso), e mai a quella che poi avrei sposato.

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