Agostino Miozzo - coordinatore del CTS - si è espresso contro la riapertura degli stadi oltre i 1000 spettatori, parlando col Corriere della Sera.
Un estratto delle sue parole.

A chi chiede di riaprire gli stadi vorrei ricordare le conseguenze drammatiche che ha avuto Atalanta­Valencia del 19 febbraio scorso. In questo momento abbiamo altre priorità, pensare di riempire gli spalti sarebbe una follia.

Lì però non c'erano le misure di protezione. È vero e questo è un aspetto positivo per il ritorno alla
normalità, ma oggi l'apertura degli stadi è ostacolata da almeno tre problemi. Il primo è la vicinanza tra le persone, il momento in cui si esulta, quello in cui si protesta. Poi ci sono gli ingressi, quando ci si accalca alle biglietterie e ai varchi di accesso, e il deflusso. Aprire con più di mille spettatori è in questo particolare momento impensabile, il mondo del calcio è troppo importante per il nostro Paese, in previsione di una graduale apertura sarà necessario verificare gli effetti che questi eventi possono causare sulla curva e su quel maledetto indice di trasmissione Rt che a noi preme mantenere sotto controllo. E' importante seguire le esperienze degli altri Stati dell'UE.


Il ministro Speranza è contrario? Lui conosce perfettamente la situazione, ha ben chiari i rischi. L'Italia è il Paese che ha saputo gestire meglio di tutti l'emergenza, è visto come un esempio da seguire. Vanificare gli sforzi fatti finora sarebbe da incoscienti. Ricordiamoci che cosa è successo quest'estate con la riapertura delle discoteche. Le Regioni sono andate in ordine sparso e alla fine il governo è stato costretto a chiudere tutto.


Ci sarebbero però ricadute economiche. Lo so bene, infatti il mio è un discorso da tecnico della Salute e di Protezione civile, poi deve essere la politica a decidere. Io posso dire che l'indicazione di non far svolgere gli eventi sportivi ha avuto, per noi, lo stesso effetto del divieto per i funerali perché si privano i cittadini di momenti importanti per la nostra vita, celebrare momenti di gioia o di dolore. Ora però dobbiamo occuparci di altri aspetti fondamentali per la comunità e la priorità assoluta, quantomeno per noi tecnici, è la scuola.

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