Maurizio Ferro è stato sentito da Damiano Montanari per Stadio. Un estratto dell’intervista.

“Mia madre frequentava l’ISEF dove aveva conosciuto i virtussini Pellanera e Cosmelli. Furono loro nel 1967 a darle i biglietti per la stracittadina. I bianconeri della Candy lottavano per lo scudetto e riempivano gli spalti, ma furono i biancoblu della Cassera a imporsi. Non so per quale motivo, ma da quel momento lo spirito della Fortitudo iniziò a farsi largo dentro di me. La mia grande fortuna fu iscrivermi ai corsi organizzati dalla Fortiudo in via San Felice 103. Il mio primo istruttore fu Francesco Zucchini, che poi avrebbe allenato la prima squadra in serie A negli anni 80. Ebbi anche la fortuna di conoscere Beppe Lamberti, un personaggio incredibile, un grande dirigente e allenatore che portò la Fortitudo dalla serie C fino alla serie A.
Schull? Assieme ad altri ragazzi delle giovanili biancoblu avevo la sfacciataggine di aspettarlo fuori dagli spogliatoi alla fine delle partite e di chiedergli di portare a casa la borsa. Ci sorrideva, ci dava in mano la sacca e ci dava appuntamento al giorno successivo per l’allenamento.
La Fossa? Eravamo alcuni amici che si incontravano sempre in Furla. Tra gli altri io, mio fratello Tullio, “Manser” Manservisi, il compianto Angelo Biolchini, Roberto Cappa, un eccellente batterista che suonava il tamburo durante le partite, e Nicola Valentini che sebbene fosse interista si ispirò al nome dei tifosi milanisti ai quali, a San Siro, era riservato uno spicchio molto simile a quello in cui noi seguivamo le partite. Così decidemmo di chiamarci come loro, “Fossa dei Leoni”. Le prime riunioni risalgono a settembre 1969, la nascita ufficiale è del 1970.
La serie A? Non avevo un gran fisico, però tiravo molto bene. John McMillen mi aveva inserito nel giro della prima squadra, e tra “gufate” e influenze collezionai diverse panchine, tra cui quella nella finale di Korac persa il 5 aprile 1977 con la Jugoplastika a Genova. La mia esplosione arrivò nella stagione successiva, la 1978-79. McMillen si fidava poco di me, prima di un derby mi disse che avrei giocato, poi mi tenne in panchina. Dopo quell’episodio pensai di ritirarmi dalla pallacanestro, andai afare sfilate di moda, ero un bel ragazzo. Poi il coach mi buttò dentro, feci 20 punti di media non riuscendo però a evitare la retrocessione.
Il passaggio alla Virtus? Una cosa che non sarebbe mai dovuta succedere. La società aveva problemi economici e l’allora presidente Paolo Moruzzi fu costretto a cedere me alla Virtus e Magnifico a Pesaro. Fu un anno molto difficile per me, la gente non accettava il trasferimento, andai da Porelli per chiedergli di non prendermi, ma lui molto esplicitamente rispose ‘dal momento che stai prestando servizio militare, se vuoi, puoi andare a giocare con le Forze Armate in serie C’… Comunque mi trovai molto bene, i compagni di squadra erano fantastici, e l’anno successivo nonostante fossi stato inserito tra gli incedibili, passai a Rieti nella trattativa che portò a Bologna Brunamonti.
Ancora oggi che vivo qui a Rimini e campo di pallacanestro come allenatore e organizzatore di camp estivi, sono rimasto clamorosamente fortitudino”

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