Marcelo Huertas, uno degli sfortunati protagonisti della retrocessione della Fortitudo nel 2008/09, dopo ottime stagioni in Spagna ha firmato un contratto non garantito con i Los Angeles Lakers e in questi giorni sta cercando di giocarsi le sue carte per fare la squadra e rimanere in NBA.

Il Corriere di Bologna l’ha intervistato: ecco le parole dei playmaker brasiliano:

Sono contento di essere in una squadra che ha fatto la storia della NBA e di essere allenato da Byron Scott, uno che ha giocato e vinto parecchio. Siamo un bel mix di veterani e giovani di talento, potrebbe essere una stagione interessante. Non possiamo sapere come andrà, ma di certo vogliamo fare meglio dell’anno scorso.

Ho aspettato la chiamata NBA tutta estate? Volevo provare a misurarmi a questo livello, ma col passare delle settimane cresceva il nervosismo. Sapevo che era un rischio aspettare perchè il mercato in Europa era quasi finito, però sono sempre stato in contatto con alcune squadre NBA e alla fine ho ottenuto quello che volevo.

Come è stato l’impatto col mondo NBA? I primi giorni sono stati di adattamento, qui è tutto diverso. I ragazzi e tutto lo staff mi hanno accolto benissimo in squadra. I primi allenamenti sono stati pesantissimi, non mi sono mai sentito così stanco in vita mia, ma sappiamo che queste settimane torneranno utili nel corso della stagione.

Con Kobe parlo in italiano? Con Kobe parlo in italiano, ma anche in spagnolo. Mi va bene tutto, mi adeguo alla lingua che usa lui.

A proposito di Italia, dopo quell’anno alla Fortitudo mi sarei aspettato di essere ai Lakers oggi? Fu un anno sfortunato, ero in fase di crescita della mia carriera, ma quella stagione fu disastrosa. Tornato in Spagna, vinsi il titolo a sorpresa con il Caja Laboral, e in questi 5-6 anni sono tornato ad alto livello, col Barcellona e in Eurolega. Sapevo di potermi giocare la chance NBA, ma non sono potuto venire prima perchè ero sempre sotto contratto.

Se mi fermo e ripenso alla Fortitudo cosa ricordo? Una grande delusione, noi giocatori ci abbiamo provato in tutti i modi, ma c’erano grossi problemi interni. Ancora non sappiamo cosa sia successo in società, poi ci sono stati i problemi con gli allenatori, con i giocatori americani e tanti cambi.

Anche in mezzo a tanti problemi la retrocessione era difficile da pronosticare? Avevamo una squadra come minimo da playoff, forse da prime quattro. Fu un anno triste, andavo agli allenamenti ma pensavo ad altro. I giocatori avevano bisogno di sicurezze, invece per mesi non abbiamo saputo nulla del presidente, nessuno della società ci diceva niente. E’ stato difficile per noi ma anche per i tifosi che hanno fatto la loro parte, sempre al nostro fianco. La Fossa ha fatto il possibile, ma noi non avevamo la testa al campo.

A 32 anni l’obiettivo è finire la carriera in NBA? Vorrei rimanere in America per tanti anni. Ora ci sono parecchi giocatori di scuola europea che hanno portato un bagaglio tecnico diverso dagli americani. Le squadre ne hanno bisogno, guardate gli Spurs che arrivano sempre lontano con giocatori di esperienza internazionale. Io non so se rimarrò ai Lakers, spero di restarci per tanti anni e cercherò di mettere a frutto tutto quello che ho imparato in carriera e conquistarmi un posto in NBA.

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