Leo Candi - dopo la prestazione da 31 punti a Mantova - è stato intervistato da Stefano Brienza su Stadio.
Ecco le sue parole:

Candi, a cosa ha pensato tornando da Mantova? Che la mia prestazione non è servita a niente. Magari sì, sono felice di quello che possiamo chiamare il career high, la miglior prestazione offensiva della mia breve carriera, ma deluso dalla sconfitta. Non abbiamo vinto, abbiamo fatto una gara difensiva un po' blanda, non abbiamo preso i 2 punti. Da questo punto di vista non è stato molto bello. Spero ricapiti in occasione di una vittoria.

Da dove è nata quella trance agonistica? Dall'evoluzione della gara. Siamo andati subito sotto e abbiamo dovuto inseguire. Abbiamo fatto tutti insieme un grosso sforzo per tornare a contatto e questo ha fatto sì che mi accendessi e vedessi il canestro sempre più grande. Poi se ne ho fatti 31 ovviamente è merito di tutta la squadra, sono stati bravi a mettermi in ritmo.

Spesso sembra che nelle situazioni di rimonta vi scatti dentro un fuoco speciale. È vero, è una nostra caratteristica. Ma dobbiamo essere bravi a fare uscire quel fuoco fin da subito, per indirizzare la partita dove vogliamo portarla noi.

I suoi ex allenatori hanno i lucciconi agli occhi osservando il suo percorso. Mi ha fatto molto piacere ricevere complimenti, significa che ho sempre cercato di carpire e imparare quello che mi dicevano. Sono io che devo assolutamente ringraziarli perché se sono così è soprattutto merito loro, oltre che della mia famiglia.

Come mai il basket? Ho sempre avuto la possibilità, fin da piccolo, di abbracciare questo mondo. I miei genitori mi portavano al PalaDozza, ho fatto il babybasket Fortitudo a 3 anni. Un annetto di calcio, non faceva per noi. Sono tornato alla società Lame, poi in Fortitudo, e da quando ho 8 anni penso solo al basket.

Per Federico Politi la forza di tanti è di essere rimasti attaccati al carro nei periodi bui. Erano anni non facili. Non sapevi dove e quando ti saresti allenato, la società non esisteva, ci finanziavano i genitori. Da una situazione del genere si torna più forti e ci si lega molto alla maglia. Adesso che è passato, averlo vissuto ci da ancora più forza e ci responsabilizza. Sappiamo da dove veniamo e non vogliamo tornarci. Anzi, speriamo di conquistarci sul campo quello che ho sempre sognato.

Un po' di ammaliamento dalle sirene estive c'è stato? Prima di partire con la nazionale in estate dissi in diretta tv: "portatemi il contratto, che lo firmo adesso". Per me non c'è mai stato problema, volevo rimanere e sono rimasto. È stato un bell'attestato: sapere che ti cercano squadre di A ti dice che sei sulla strada giusta e bisogna continuare così, con umiltà. Non sono stato ammaliato ma felice. Però in A ci voglio andare con la Fortitudo.

È professionista da 4 mesi. Cos'è cambiato nella routine? La mia visione giornaliera ora è totalmente improntata sugli allenamenti, e sviluppa la giornata in funzione dell'idea di allenarmi sempre al meglio. Sono super concentrato sul basket e mi dedico solo a quello, senza distruzioni come può essere un'interrogazione del giorno dopo. Mangio e dormo con più regolarità. Posso apprendere meglio e migliorare più rapidamente.

Secondo il suo ex coach Mastellari la coppia con Montano è perfettamente assortita, dentro e fuori dal campo. Ha ragione, e credo si veda in partita. Siamo una bella coppia e speriamo di ripagare la fiducia del coach. Ci troviamo bene caratterialmente e sul campo dove ci piace dialogare. Quando rubo palla in difesa guardo avanti, lui è già posizionato, lo trovo a memoria e lui mette la bomba che butta giù il palazzo.

Quasi come Curry e Thompson... Eh,quasi (scherza,ndr). Ma l'importante è raggiungere l'obiettivo. È novembre, è lunga, ma dobbiamo pensare "è già novembre" rimanendo sempre sul pezzo. Mai rilassarsi sempre umili e guardare avanti.

(foto Schicchi - il Resto del Carlino)

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