Era inarrestabile sul campo, ma fuori solo il diabete è stato capace di fermarlo. Il basket italiano piange la morte di Henry Williams, classe 1970, folletto che per tanti anni è stato delizia dei propri tifosi e croce, ovviamente, degli avversari. Portato in Italia da Verona, dove nel gennaio 1993 ci mise un attimo a far capire che quel gettone (era arrivato per tamponare l'infortunio di Corey Crowder) lo si doveva prolungare. Poi tanta Treviso, incrociando spesso e volentieri nei playoff la strada della Fortitudo. Facile al ventello, spesso il limitarlo era l'unico modo per provare a vincere. Sintomatica una dichiarazione di Carlton Myers, dopo una delle diecimila sfide, quando a chi applaudiva la sua prova offensiva rispose più che al mio tabellino, guardate come ho difeso su Williams.

Un pezzo del basket nostrano che se ne va. Lasciando la nostalgia di quando gli "americani" facevano davvero la differenza.

DELLA VALLE E BURNS NEL MIRINO DI MILANO?
BIGNAMI CASTELMAGGIORE - UPEA CAPO D'ORLANDO 93-91