Klaudio Ndoja è stato intervistato dal Resto del Carlino.
Ecco le sue parole:

Dopo 5 mesi non potevo sognare una ripresa migliore, tornare a giocare a basket era il mio desiderio principale e si è avverato regalando anche ai nostri tifosi una soddisfazione importante. Chiedere un qualcosa di meglio sarebbe stato impossibile.

Cinque mesi sono paragonabili ad un lungo tunnel, quando ha iniziato a vedere la luce? Circa 3 settimane fa, quando ho iniziato a correre, non percepivo più dolore e lentamente iniziavo a ritrovare fiducia nel mio corpo. Prima c'erano stati dei momenti in cui mi sembrava di migliorare, ma poi il problema alla caviglia si ripresentava. Lavorare una intera settimana senza intoppi è stato un grande sollievo.

Durante questo periodo c'è stata anche la decisione di giocare il derby. Perché? Diciamo che lì ero nel pieno del tunnel e avevo la netta impressione che le cose sarebbero andate per le lunghe. Non ero mai stato fuori così tanto tempo e non ho difficoltà a dire che dal punto di vista cestistico è stato uno dei momenti più difficili della mia carriera. Sono nato nel 1985 e sono cresciuto con il mito della Virtus che vinceva tutto: mi era stato raccontato che il derby con la Fortitudo era una partita unica, avevo paura di non avere un'altra occasione per cui ho chiesto di poterla giocare anche se ero lontano dalla guarigione. Sono contento di quella scelta perché posso confermare che è una gara davvero unica.

Adesso voi avete la possibilità di scrivere un'altra pagina importante nella storia virtussina: la promozione in serie A. Che ne pensa? Credo sia giusto goderci ancora per qualche giorno la gioia per aver vinto la Coppa Italia. Sappiamo che l'ambiente che ci circonda si aspetta un risultato importante da noi, ma l'unico modo serio per provarci è quello di ragionare un passo alla volta e di lavorare. Non sono parole di circostanza, ma è la realtà dei fatti.

Il prossimo passo si chiama Verona. Vero, così come è altrettanto vero che abbiamo tutti gli occhi addosso, perché abbiamo vinto la Coppa Italia. Questa manifestazione a noi ha insegnato che da qui alla fine della stagione saranno i dettagli a fare la differenza perché sono stati loro a farci vincere con Trieste e con Biella. Se non si impara ad avere cura delle piccole cose si rischia di rovinare una bella stagione già nelle prime partite di playoff.

Lei è un uomo di fede. E' difficile essere credenti all'interno di uno spogliatoio? No, perché la fede, soprattutto quella cristiana, è un qualcosa di personale. Si può essere credenti anche negli Emirati Arabi, la cosa importante è testimoniarla nei luoghi dove si è chiamati a vivere.

(foto Pierfrancesco Accardo)

MASSIMO ZANETTI: PRIMA SALIRE IN SERIE A PER ESSERE COMPETITIVI ANCHE IN EUROPA. E IN 5 ANNI POTREMMO ESSERE DA FINALE
PESARO - FORTITUDO SUPERCOPPA 2001, PAGELLE E STATISTICHE