Forse, tranne per forza di cose i pesaresi, tutta Italia (ma sì, dai, forse anche qualche cugino) avrà guardato con un pizzico di simpatia questa Fortitudo, tornata in serie A dopo 10 anni e che per rientrare nella sua Itaca ha preso la via lunga, lunghissima. Ulisse non ha nemmeno bisogno di traverstirsi per accoppare i Proci e tornare dalla sua Penelope: i Martino’s ci hanno messo poco per mettere le distanze tra sé e una floscia Pesaro, e se non si è debordato è perché alla fine si è alzato il piede dall’acceleratore con un qualche anticipo di troppo. Problema che si era già visto nel precampionato, ma che ieri con 20 di vantaggio e 10’ da gestire non è diventato un guaio da risolvere. Bene Bologna, quindi, con un collettivo da 5 in doppia cifra, Daniel a fare da punto di riferimento offensivo di una manovra spesso perfetta, bene tutto, e la voglia di non svegliarsi.

Spunti in generale? 40’ sono davvero poca cosa, ma intanto si è visto un Fantinelli che non ha tremato al rientro, qualcosa da aggiustare forse nella convivenza tra Aradori e Robertson che a tratti calpestano le stesse mattonelle, un Leunen che si è ritrovato nella massima serie e quindi a casa propria, tutto bene, come detto, e la voglia di non svegliarsi.

Poi dobbiamo stare attenti, perché le rondini, le primavere, tutta la retorica eccetera. Noi siamo vecchi, e ricordiamo ad esempio un festeggiamento da neopromossa del Bologna, 1988 a Pisa: come se la B e la A non avessero differenze. Ma fu solo una Morgana. A questa Fortitudo il compito di prendere bene le misure a tutto e tutti, non considerandosi già arrivata.


Grande, grande, grande - Tutto, ma possiamo dire due robe su Dellosto? Prima boccia, gol in tuffo. Beata gioventù, poteva andare peggio.

Parole, parole, parole - La continuità e qualche mancanza a rimbalzo. Va bene, chissenefrega. La maglia gialla di Pesaro: eddai.

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