Umberto Gandini è stato sentito da Vincenzo di Schiavi per la Gazzetta dello Sport. Un estratto dell'intervista.

"Se da un lato queste indicazioni danno un po' di certezze per cominciare a pianificare, dall'altro ci lasciano molto perplessi. Ne ho parlato anche con pallavolo e non capiamo. Sembra che greenpass e campagna vaccinale non abbiano generato un cambio di rotta.
La fotografia è la stessa dello scorso giugno durante i playoff. Le percentuali di riempimento sono le medesime. E non si comprende perchè con il green pass si possa consumare in un ristorante senza mascherina, mentre in un palasport si debba rinunciare a tre quarti della capienza. Ci saranno al solito delle motivazioni che non ci hanno spiegato.
Nel 2018-19, in epoca prepandemia, la percentuale media di riempimento degli stadi di calcio era attorno al 63%. Dunque avere il 50% per dreceto penalizza di certo i grandi club, ma non gli altri le cui presenze non andavano mai oltre quel tetto. La percentuale di riempimento della pallacanestro in epoca precovid era invece tra il 70% e l'80%. Portarci al 25% della capienza significa imporci un drammatico ridimensionamento. E' la pandemia a dettare le regole, ma se lo scopo è anche quello di incentivare le vaccinazioni perchè con il green pass puoi andare ovunque, limitazioni così rigide diventano incomprensibili.
Speravamo in una stagione normale ma non sarà così. La struttura dei ricavi poggia su botteghino e sponsor e quindi il pubblico per noi è indispensabile. Ma c'è un altro problema: se si chiude di nuovo? Non è pensabile che tutto ricada sulle spalle delle società. Bisogna discutere prima gli eventuali sostegni. Noi siamo sport professionistico e i nostri costi, a parità d'ingaggio, sono molto superiori rispetto, per esempio, a quelli della pallavolo."

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