Ultima in classifica, con giocatori ammutinati che chissà da quanto covavano astio o vendette contro un allenatore che, in teoria, sarebbe dovuto essere l'ideale per il corri e tira. E, tra ieri e oggi, con un Sacchetti in uscita e Dalmonte in entrata. Di certo non se lo aspettava nessuno, questo inizio di stagione sciagurato per una Fortitudo dove non è funzionato nulla, praticamente nulla. E sembrava ieri, quando si facevano abbonamenti alla cieca sperando in 4-5000 persone nella non-casa di Casalecchio, o quando ci si divertiva con i meme su Happ e compagni. Tutto sfumato, tutto bruciato.

Alla fine paga il coach, perchè non si possono mandare via giocatori che non sono stati capaci di mettere l'io dietro al noi, e che in ogni sessione difensiva hanno solo ed esclusivamente cercato di tornare in possesso della palla: se con recupero immediato bene, altrimenti mandando gli avversari subito a canestro per poter poi tornare di là a sparare, non sempre a salve, ma comunque non abbastanza quanto infilavano gli avversari.

Paga Sacchetti, a cui non si possono imputare l'apparente troppa serenità in panchina: era questo quando vinceva, non si poteva boniciollizzare adesso. E quello che è comunque lo stimato allenatore della Nazionale, e che era apprezzato quando vinceva con Sassari e Cremona, non può essere diventato un umarell con il solo ingresso nella provincia di Bologna.

Dovrebbe pagare la società, che avrà sì cercato poi di tamponare gli errori e le jelle (Cusin e Saunders sono comunque la prova che si è vigilato), ma che ancora non ha spiegato il perchè del siluro a Martino, che di certo rese tutti perplessi: poi è vero che Antimo non fu sostituito con il primo che passava, ma il perchè di quella rivoluzione rimane, come cantava Enrico Ruggeri, un mistero.

Paga poi tutto l'ambiente, forse troppo indulgente nei giudizi per non inimicarsi i protagonisti, e che per un po' ha cercato alibi che ad un certo punto sono finiti: ok, gli infortuni hanno fatto diventare starter in certe gare l'asse Sabatini-Totè, non certo portata qui con queste responsabilità, ma buttare la croce sulla panchina sarebbe ingiusto.

I colpevoli sono prima di tutto i titolari, quelli che avrebbero dovuto guidare il gruppo e non lo hanno fatto, quelli che in difesa non hanno mai saputo fare un tagliafuori o un aiuto difensivo: ok che chi nasce pera non può diventare mela, ma beccarne 100 a partita è roba da far capire che mai una Fortitudo era stata, nella storia, più inadeguata alla categoria in cui ha giocato.

Ora arriva Luca Dalmonte, che da capo allenatore visse un'esperienza di pochi giorni che portò però ad una vittoria in Eurolega e in un derby, autunno 1996, nell'interregno tra il clamoroso siluro a Scariolo e il controverso arrivo di Bianchini. Che sia lui a mettere ordine e disciplina ad un ambiente vizioso e viziato, a cui forse una qualche bella fischiata della platea male non avrebbe fatto. Perchè è vero che senza pubblico non c'è sostegno, ma nemmeno quei bei a lavorare che, almeno, avrebbero fatto capire ai damerini che ogni singolo abbonato F, sul campo, ci avrebbe messo il doppio, il triplo, il quadruplo del loro cuore. Magari senza la possibilità di sciorinare cifre o titoli, ma non facendosi ridere dietro da avversari che, spesso, sono arrivati al ferro chiedendosi se non fosse uno scherzo.

In bocca al lupo, Fortitudo.

(Foto Valentino Orsini - Fortitudo Pallacanestro 103)

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IL DERBY ALLA FORTITUDO 95-92