A dimostrazione di come l’equilibrio non sia mai garantito, specie parlando di pallacanestro, è bastata una sconfitta casalinga forse non prevista per far scattare una discreta divisione tra partiti: non si parla di Coppi e Bartali, per intenderci, ma di chi avrebbe voluto che in Piazza Maggiore, il 31, ci fosse Boniciolli da un lato. E, dall’altro, chi ritiene legittimo aspettare il corso degli eventi. Qui non si vuole passare per filociolliani, per carità, ma rimane sempre il dubbio del capire come sia possibile, agli occhi di tanta gente quello che a giugno era l’eroe del manipolo di orfani di Flowers arrivati ad un passo dalla promozione oggi sia, di colpo, pronto per far chiedere la 104 ai suoi parenti. Vero che si potrebbe citofonare Meo Sacchetti nel post Sassari per informazioni, ma forse un po’ di calma servirebbe.

Ciò non toglie che, qualche errore, qui è stato fatto eccome. Di ottimismo (preferire Campogrande a Carraretto è stato fatto per dare spazio ad un giovane della società), ad esempio. O di alzare l’asticella davanti a giocatori che non si poteva pensare avrebbero reagito con qualche giramento di testa. O di lavorare fin troppo sul platoon system senza trovare un vero e proprio capobranco o leader: l’anno scorso attorno ai giovani c’erano veterani provati come Carraretto e Sorrentino, oltre al reintegrato Lamma. Stavolta, Mancinelli è rimasto solo in questo ruolo, e si sente la mancanza di una voce che, in campo, detti i ritmi della mente più che quelli del pallone (per intenderci: quello che in Virtus possono essere Rosselli, Michelori e Ndoja). Poi c’è il problema della punta: facile pensare che dare via Roberts per prendere Nikolic e infine tornare ad un simil-Roberts dimostri che qui si è azzeccato lo zero al Totocalcio. Però serve, qui, una via di mezzo: va bene evitare l’americano da 30 punti di media a cui si dà sempre il pallone lasciando che gli italici facciano solo blocchi e porta asciugamani. Ma da qui a passare allo straniero gregario che già va bene se tira 4 volte, c’è da pensare che si possa trovare una media.

Infine, la questione derby: il coach dice che i giocatori ci pensano, il capitano lo nega. Non ci si giri attorno: a tutti è stato chiesto del derby fin da quando c’erano ancora segni di sabbia nelle infradito. Ed è normale che ora l’attesa sia sempre più montante, ed è ancora più normale che, inconsciamente, l’esame di maturità sia talmente segnato sul calendario da far dimenticare, chissà, che prima ci può essere ancora una qualche interrogazione sparsa. E tocca a Boniciolli, in primis, raffreddare eventuali timori o simili. Altrimenti, ahilui, gli haters troveranno sempre maggiori argomenti per la critica.

Chieti, quindi. Esordio di 2017 con chi fu l’esordio nella stagione attuale, in una prima di campionato che portò a grande gioia collettiva: la squadra era discretamente incompleta, ma fece gol esterno subito, quando l’anno scorso per le prime feste extra Paladozza (al netto della squalifica del campo) si dovette aspettare un bel po’. A Chieti stanno mantenendo un profilo di campionato medio-basso, con classifica ben più a destra che non a sinistra. Si galleggia, quindi, senza riuscire più di tanto a tenere inviolata casa propria (3-4), ma trovando in alcune occasioni vittorie esterne non banali, citofonando a Ferrara e Piacenza. Si gira attorno al trio americanoriundo Davis-Golden-Mortellaro, tutti sopra i 30 minuti di media e in doppia cifra, unici della squadra. Altrimenti, i buoni muscoli dell’ala Sergio o dell’antico Allegretti, per dare un po’ di man forte al resto della truppa allenata da Massimo Galli a cui si è aggiunto, da poco l’esterno Fallucca proveniente da Reggio Calabria.

(Photo Fabio Pozzati)

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