Sasha Djordjevic è stato ospite di CasaSky24.

Si è detto che è stato giusto fermare tutto. Ma ora, quando ripartire? “In questo momento tutto lo sport, non solo il basket, è in secondo piano. Ci atteniamo a quanto detto dagli enti governativi e dalle Federazioni, senza polemica, sapendo che la cosa importante è tornare alla normalità. Ora entrare in un palazzetto o fare qualsiasi sport è impensabile, aspettiamo l’estate e aspettiamo anche di sapere cosa fare con l’Eurocup. I ragazzi sono a casa, si allenano – spero – individualmente, per cercare di finire tra un mese questa competizione.”

Cosa faresti per rendere più competitivo il basket italiano e la Nazionale? “Fin da quando sono tornato in Italia penso che la Nazionale sia il modo più importante per comunicare basket a tutti gli italiani, così come anche per gli altri sport: successi o medaglie permettono di proporsi a tutti. Quello che deve essere importante è alzare l’atleticità dei giocatori italiani, loro si devono mettere in testa che fin da giovanissimi devono lavorare sul proprio corpo, portarlo al massimo della potenzialità, dato che il basket attuale si fonda su dinamismo e atletica, e non solo talento. 20% talento, 80% fisico, che è quello che sta capitando in tutti gli sport, prestazioni fisiche pazzesche e regole che in questo senso aiutano, come i 24” per azione, i 14” dopo il rimbalzo offensivo, tutte cose che fanno capire come si sia legati al decidere in fretta e alla rapidità. Il limite è il cielo, ognuno può migliorare quanto vuole”

Il giocatore più forte che hai allenato? “Ho la fortuna di aver allenato e di allenare una bella nazionale serba con cui abbiamo ottenuto medaglie. Teodosic, Bogdanovic, ne abbiamo… Gallinari, anche, quando era giovane e aveva la giusta ambizione. Ognuno deve avere ambizioni e alzare l’asticella il più possibile, ma anche i giusti obiettivi. Sento tanti giocatori giovani che dicono di avere il sogno di vestire la maglia azzurra: è sbagliato, quello deve essere il primo passo, perché il vero obiettivo deve essere vince, con l’Italia”

Spesso i giocatori si accontentano, cosa che non capita con le nazionali balcaniche. “Perché noi da sempre siamo stati abituati a doverci difendere da conquistatori esterni. Sappiamo che con l’attacco vinci una battaglia, ma con la difesa vinci una guerra. Quando siamo in difficoltà ci appoggiamo ai compagni, crediamo in loro, ed esce questa parte del carattere per cui prima siamo sempre convinti di essere migliori, poi magari se perdiamo ti diamo la mano, ma prima siamo convinti di essere superiori”

A Milano nel 1992 pensavano di tagliarti. “Stavo giocando male, potevo essere visto come il giovane che non riusciva ad adeguarsi ad una esperienza esterna. Ma ho sentito l’abbraccio della squadra, e dopo aver iniziato a fare bene non mi sono più fermato”

Cosa hai provato quando a Milano hai vinto la Korac? “Gioia, anche perché non ho mai vinto tanto giocando la partita decisiva in casa, e quella volta è successo, con la possibilità di stare con la gente per tanto tempo”

Ti senti italiano, nel cuore? "Ho scelto di vivere qua con la famiglia, a Milano. Sono orgogliosamente serbo, ma anche milanese"

(foto Virtus Pallacanestro)

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