Nella lunga storia del derby, almeno vedendola dal lato Fortitudo, una costante è sempre stata quella per cui, affrontando la stracittadina con poca umiltà e con la guardia abbassata, si è andati incontro a disastri. Citofonare il -41 del 1993, figlio di una gara d’andata in Coppa Italia che aveva illuso di poter giocare contro la Virtus da pari. O la prima da scudettati, nel 2000: tutte sciagure. Chiaro che la Fenomenologia del derby potrebbe essere materia arcana per i nuovi giovani protagonisti, che all’epoca delle Guerre Stellari erano infanti o impegnati a farsi concepire che non a studiare le dinamiche psicologiche della stracittadina, ma si fidino i vari Candi e Campogrande: sappiamo di cosa stiamo parlando.

Oggi, l’attesa della partita è spasmodica, e al di là dell’acqua buttata sul fuoco da Mancinelli (“Non ci stiamo pensando più di tanto”), forse ha ragione Boniciolli, dicendo che qualche granello di sabbia attribuibile a ciò, nella testa dei suoi giocatori, è entrato. D’altra parte, basta tornare indietro alle dichiarazioni estive, quando ci si rese conto definitivamente che il derby ci sarebbe stato: in Virtus si volava molto basso, essendo tutti più occupati a capire dove erano finiti. In Fortitudo, qualche – forse umano – eccesso di spacconeria c’è stato, ancora sulle ali dell’entusiasmo figlio di come si era finita la stagione precedente. Ecco: oggi gli stati d’animo sono discretamente cambiati, dato che in bianconero si sta godendo una serie positiva infinita e la consapevolezza di aver azzeccato molto del roster. In biancoblu, invece, dubbi esistenziali ne sono nati eccome, e figure a rischio ce ne possono essere.

La pressione, ecco: se l’attesa del derby faceva brutti scherzi a soggetti che potevano essere protagonisti in Eurolega, figurarsi se non può fare altrettanto con giocatori che cotanta attenzione mediatica fino a poco fa se la sognavano. E, d’altra parte, che questa stagione sarebbe stata più dura, dal punto di vista mentale, ce lo si poteva aspettare: un po’ l’aver alzato l’asticella delle aspettative, un po’ la sfida continua a quelli là, che hanno reso ogni sconfitta ancora più amara. Perché è facile spiegarlo: l’anno scorso si poteva perdere a Matera e vedere, per dire, Imola davanti in classifica, e si derubricava la cosa con la garanzia che si doveva ancora crescere. Oggi si può perdere a Piacenza, vedere la Virtus volare, e il coltello va molto più dentro la piaga.

Comunque, la Fortitudo arriva a questo derby con acque meno mosse oggi di quanto non lo fossero anche solo lunedì. Benchè ci siano movimenti previsti nel roster (Nikolic - in dubbio ma che pare in recupero - ormai pronto all'addio, Legion pronto all'ingresso, varie ed eventuali al di là di chi mette anche il coach tra i traballanti) che rendono questa squadra ancora un cantiere aperto. Poi ci sarà di che essere curiosissimi, sapendo che la dichiarazione su Disneyland - da leggere per quello che era, ovvero "non facciamoci una malattia di questa attesa" - diventerà un randello che gli haters batteranno sulla testa del coach in caso di sconfitta.

Quel che è certo è che il destino della Fortitudo non passa dal risultato di venerdì quanto da quello che capiterà sabato. Ovvero, la capacità di non credersi già in Eurolega (specie da parte della piazza) se ci sarà la vittoria. E, soprattutto, il non voler buttare tutto nella spazzatura e il dar fuoco allo spogliatoio se le cose non andranno bene: l'equilibrio nell'accettare qualsiasi risultato, specie se negativo, sarà fondamentale per andare avanti. Ricordando che al massimo si dovrà aggiustare e non ricostruire. Disneyland o non Disneyland. Ma il campionato non finirà venerdì a mezzanotte.

(foto Fabio Pozzati)

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