Ormai volato negli States da una decina di giorni (il giorno è stato il 25/9), Matteo Boniciolli ha parlato di questa nuova esperienza americana – alla Don Bosco Prep, in Indiana – a Piero Guerrini di Tuttosport. Un estratto dell’intervista.

“Ho ricevuto un'offerta da un amico che era agente, David Maravilla, attuale ad di Don Bosco Prep a Crown Point, Indiana. Sfumata una trattativa con un club europeo, ho accettato, anche perché mi consentono, se ricevo un'offerta, di andare via.
Cos’è una Prep? Negli Usa il sistema formativo non ha buchi. Finite le superiori, chi non ha voti accademici, chi non è pronto a livello cestistico, chi arriva dall'estero, può fare un anno suppletivo di Prep, preparazione. I genitori pagano, circa 25.000 dollari. Quest'anno tocca ai ragazzi del 2000/01. Sono capo allenatore associato. La scuola ha scelto come coach un ragazzo di 30 anni molto bravo di origini greche, Nico Panousis. Ma pensa alla sua formazione e mi ha chiesto di affiancarlo. Dirigo gran parte degli allenamenti. Mi diverto.
Perché questa scelta? Perché mi piace esplorare diverse culture e diverse culture cestistiche, è la mia terza esperienza dopo Ostenda e Astana. L’altematìva era restare a casa ad aspettare una chiamata. Per un triestino venire nell'Indiana, patria del basket è un'opportunità incredibile. In auto posso raggiungere De Paul, ho ricevuto lettera di invito agli allenamenti degli Indiana Pacers, sono circondato da college. I ragazzi giocano una stagione vera, oltre ad allenarsi due volte al giorno in gruppo e fare sedute individuali. Ad ogni allenamento abbiamo osservatori di college. Degli 11 giocatori, 9 il prossimo anno riceveranno offerta da di divisioni. Potrei restare fino a marzo, ma se mi arriva un'offerta parto, perché lo stipendio permette solo di vivere. Fosse diverso resterei a vita.
La differenza con l’Italia? Purtroppo, si vede dal dibattito politico in cui si discute dal cuneo fiscale ai polli, nel nostro Paese e non solo nello sport si pensa al qui e ora, solo l’immediato. Negli Usa tutti pensano a programmare la crescita dei giocatori, perfino nella Nba Se non si recupera una visione di prospettiva, in ogni aspetto della vita per i giovani non ci sarà spazio. Visti i costi, i grandi club disinvestono dalle giovanili.”

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