Waimer aveva due cugine. Zoraide e Zelda: entrambe con la Z iniziale, perché zio Iader raccontava sempre adì, io sono come Zorro, quando colpisco lascio il segno!, facendo intuire doti fecondative di gran qualità. Lo aiutavano alla sera, a mettere a posto la spiaggia, e raccattando cicche e tappi di tè alla pesca aveva trovato una fidejussione a video proveniente da Rimini. Roba da bolognesi, sentenziò Waimer, che da due anni sentiva parlare di un certo Fernet, e che non capiva come mai ci fosse ancora qualcuno pronto a giocarsi un centesimo sulle sue offerte. Non era problema suo: da quando Bologna era diventata un crocevia di lotte intestine, il suo bar faceva affari ancora più succulenti. C’erano più discussioni, la gente si scaldava, e poi doveva passare all’abbeveraggio. Durasse per sempre, sperava. Per par condicio, dopo essere stato la settimana prima ad annusare il clima sotto l’ombrellone bianconero – dove quel giorno ci si chiedeva se McIntyre fosse anche McIntero - stavolta andò dal lato biancoblu.

Forti - Stavolta cosa stiamo aspettando? Di capire quale è il debito di Ferrara per restare in vita? Di capire quali sono i soci di Romagnoli che si sono fatti di nebbia, forse perché qualcuno per scherzo ha aggiunto uno zero alla cifra da pagare?

Tudo - Io sono stufo. Sono stufo di tutte queste manfrine, di come ci siano mille persone a parole pronte a salvare la Effe, che poi però vanno in tasca con i gomiti, andando a dissertare sulla liceità della cosa. Sono stufo dei giornali che offrono ancora righe a Sacrati, sono stufo di tutto. Sai cosa mi manca, dell’estate?

Forti - I Righeira? No, dai, sono tornati con una canzone fatta assieme ai Subsonica.

Tudo - No, mi manca lo stare qua a leggere il giornale e valutare il mercato dei giocatori. Non sai quanto vorrei ridere di un acquisto sfigato o sognare per il possibile arrivo di un crac. Ma ti ricordi, 25 anni fa, quando eravamo a gongolare perché doveva arrivare Meneghin, e che poi tirò il pacco perché magari gli fecero capire che a Bologna non avrebbe potuto essere Dio in terra – anche con gli arbitri – così come lo era a Milano?

Forti - E ti ricordi quando nel 1989 iniziarono a mancare i denari, e ci venivano a dire faremo una squadra slava, crescendo i nostri giovani e giocando in modo sbarazzino? E poi ci portarono Formaggione Feitl e Sfiligoi?

Tudo - Sfiligoi! Lo avevo rimosso! Ma ora stavo pensando a due anni dopo, quando dopo Cremona ci portarono Cuccoli e Bonino e noi a pensare che dai, stavolta un po’ di mercato lo avevamo fatto. E come l’anno dopo, quando cominciavano ad arrivare i big, i Comegys e i Fumagalli, e i giornali che si chiedevano come poteva, una squadra indebitata, fare tutta ‘sta spesa. E non sapevano che dietro c’era Seragnoli…

Forti - Nel 1993 io ero in piazza a tuonare contro il -6 in classifica. Accidenti, quel giorno sentivo che davvero, la Fortitudo, fosse qualcosa per cui il proprio cuore poteva saltare per aria. Ma c’era Vincenzino, per cui eravamo tutti convinti che ce l’avremmo fatta a salvarci.

Tudo - Alla faccia della salvezza, arrivammo anche a qualificarci per la Korac, e se non fosse stato per la frangetta di Reatto, ci prendevamo anche un derby. Ma ricordi poi quando andammo ad ubriacarci, nel 1994, pensando a Djordjevic? Quella sera sopportai anche le lamentele di una reggiana che si incazzò perché le avevo buttato dalla finestra la cassetta di Paolo Vallesi per spararmi Nick Cave. Non mi tradire quando vai al mare… ma vai, vai. Io avevo Djordievic!

Forti - Poi Myers… Non ero mica tanto convinto, ma andò peggio l’anno dopo, quando cacciarono Sale per.. come si chiamava? Crotty? Lì capii che qualcosa si stava rompendo, e non ho mai accettato quella scemenza di scelta. Come portare qui Vescovi, che si capiva anche solo dallo sguardo che non avrebbe attecchito.

Tudo - Ecco, non mi piaceva quel continuo battagliare con i virtussini, spendendo anche più del dovuto. Ma lo si faceva, e andammo anche a Pesaro, ricordi, per vedere Wilkins in non so quale torneo amichevole. Grande nome, ma anche qui era evidente che la chimica sarebbe stata farlocca. Però si sognava, eccome.

Forti - A me non dispiaceva nemmeno quella roba slava dell’anno dopo, con i Mulaomerovic e i Karnisovas, e quell’altro là, Jaric.

Tudo - Non chiamarlo così. E’ vero che è passato di là, ma vallo a ricordare a quelli che avevano preso Meneghin, per cui chissenefrega degli altri. Eravamo stupidi, a pensare noi abbiamo Meneghin, voialtri quell’argentino che non si capisce se sia vivo o morto. Ma sai, c’era appena stato lo scudetto, ci sentivamo invincibili.

Forti - L’anno dopo invece sembrava un incubo. Arrivavano play ubriachi, centri belgi e bulgari… Non eravamo più abituati a setacciare le occasioni, però capimmo che i soldi non erano tutti da buttare. Ma ti ricordi anche le ghigne quando l’estate dopo ufficializzarono Pozzecco, e noi ad immaginare Boniciolli che si buttava dalla Garisenda?

Tudo - Lo confesso. Nell’estate del 2004 ero convinto che la squadra fosse la più debole dell’era Seragnoli. Non capivo niente, ecco. Però va bene così. Anche perché l’anno dopo andarono via quasi tutti, e quello dopo ancora…

Forti - ..non me lo ricordo. Ah, il Galactico. Tutto cominciò a morire in quel momento. Il resto lasciamolo perdere, dai.

Tudo - Chissà se un giorno…

Forti - Chissà.

Dai due uscì una lacrimuccia, e anche Waimer si commosse, per un attimo. Aveva sempre pensato che ‘sti fortitudini non erano capaci di vincere, visto le mille finali perse. Ora che nemmeno erano capaci di morire, un po’ di malinconia veniva anche a lui.

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