(foto Wikipedia)
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Bruno Arrigoni è stato intervistato da Enrico Schiavina sul Corriere di Bologna.
Un estratto delle sue parole.

Perché non produciamo più giocatori? 
"Perché i giocatori giovani non portano mai risultati immediati, e sono pochissimi gli allenatori che hanno tempo e modo di lavorarci. Forse il solo Pillastrini, in questi anni, ci ha creduto sul serio. Dipende dai progetti dei club: se devi fare risultato, chiaro che sceglierai giocatori già pronti, e di giovani non ne produci. È un circolo vizioso, difficile da spezzare". 
A tutti i livelli? "Dall'Eurolega in giù, passando per la Serie A, l'A2 e fino alla B, esiste di fatto un circuito di giocatori che ogni anno si muovono da un club all'altro, sembrano tanti ma sono come i carri armati di Mussolini, sempre quelli che girano in tondo. Pochissimi saltano da un livello all'altro". 
Protezionismo sì, protezionismo no? "Obbligare le società a fare cose controvoglia non mi ha mai convinto. Soprattutto quelle formule che prevedono uno o due giocatori sui cinque in campo, tecnicamente sono destabilizzanti. In Europa chi le ha sperimentate è subito tornato indietro. Semmai tornerei ai premi di fine anno, soldi da distribuire in rapporto al minutaggio concesso ai giovani italiani"

Il problema è sempre quello: formare giovani dà ritorni irrisori. "Sì ma è così da quando non c'è più il cartellino, e sono passati trent'anni. Oggi ci provano solo pochissimi piccoli club e non le grandi, il concetto andrebbe ribaltato, lo sappiamo tutti, ma come si fa? Tornando al vincolo? Se uno vuole andar via è giusto che possa farlo, solo che poi ai club non resta niente e siamo d'accapo. Una ricetta sicura non esiste, ma il problema sì, e bello grosso". 
Lei è nel cda di Cantù, conosce bene Devis Cagnardi. "Tecnico di valore e ragazzo corretto, che non racconta balle. Poi sarà un'A2 bella tosta. Cantù favorita? Ci proviamo da un po', prima coi giovani, poi coi veterani, e sbattiamo sempre il naso".
 

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