A Natale 2020 eravamo chiusi in casa o quasi, tra coprifuoco, zona rossa e visite contingentate ai parenti, due per volta. Restrizioni decisamente fantasiose, che eventuali nostalgici possono ricordare guardando questo schema.
Il basket c’era - se non altro quello professionistico - ma rigorosamente (e tristemente) a porte chiuse.

A Natale 2021 andava meglio, ma eravamo comunque obbligati alla mascherina anche all’aperto. Eravamo in piena "tamponite acuta", in fuga da Omicron e dalla temibile quarantena dei contatti stretti, che fece rinviare parecchie partite, tra cui Milano-Virtus.
E proprio in questi giorni si decideva che nei palasport si poteva entrare solo col Green Pass rafforzato, che dava la garanzia di trovarsi tra persone non contagiose, frase a cui evidentemente non credeva neppure chi la pronunciò, dato che la capienza veniva ridotta dal 50% al 35%.

A Natale 2022, finalmente, è cambiato tutto. Ci siamo ripresi la vita di prima, e il basket di prima. E non per modo di dire, ma totalmente e completamente. Sono sparite restrizioni e mascherine, non ancora del tutto, ma almeno per quel che ci compete sì, con buona pace di quelli che non dobbiamo abbassare la guardia e non è un liberi tutti .
Nei palasport siamo esattamente a dove eravamo nel 2019, e per quanto ci riguarda va benissimo così. E’, assolutamente e finalmente, uno splendido liberi tutti.

Crediamo sia questo l’augurio di Natale più bello che possiamo fare a tutti i nostri lettori. Bentornata normalità, non una inquietante “nuova”, ma proprio quella di prima. Coi suoi pregi e i suoi difetti, ma che ci era mancata tantissimo.

Tantissimi auguri ai nostri lettori, e grazie come sempre di esserci. Anche noi ci siamo.

Il Natale non è soltanto il racconto di ciò che è stato; è percezione di ciò che è. Non è soltanto percezione di un episodio circoscritto e databile; è assaporamento di un'attualità perenne e universalmente efficace, è esultanza per una ricchezza che ci viene donata. Basterebbe a convincercene l'annotazione che il Natale in fondo è un compleanno. Ora i compleanni si fanno per gli uomini vivi. Per i morti – anche se sono grandissimi e famosissimi – si ricordano al massimo i centenari. Dunque celebrare il Natale ogni anno vuol dire esprimere la certezza che Gesù di Nazareth – quel bambino nato duemila anni fa in una stalla – è una persona viva: è veramente, realmente, fisicamente vivo; è ancora principio per noi di salvezza; è ancora il centro di ogni nostra esistenza e della storia intera.
(card. Giacomo Biffi)

Nella foto Presepe di Vitale da Bologna, affresco trasportato su tela ed esposto alla Pinacoteca Nazionale di Bologna.

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